Scommesse, interrogazione del PD su reti di Ctd “la Sanatoria non ha risolto il problema delle reti paralelle, il MEF deve intervenire contro il “salvacondotto comunitario” a cui queste reti si appellano”

“Si chiede quali iniziative intenda assumere il governo anche con l’avallo da parte della Commissione europea, nella predisposizione del decreto legislativo delegato di attuazione dell’articolo 14 della legge n. 23 del 2014, al fine di superare i profili di incertezza giuridica che si sono determinati e ristabilire le necessarie regole di concorrenza tra reti ufficiali e reti alternative di raccolta scommesse in Italia”. E’ quanto chiedono i deputati del PD Causi e Ginato al Ministero dell’Economia e delle Finanze in un’interrogazione sulle disposizioni attuative della delega fiscale in riferimento al settore giochi. Causi e Ginato, in particolare, parlano dei CTD: “il settore in assoluto più coinvolto dall’evoluzione dei principi comunitari in cui l’assetto regolatorio sembra non essere più attuale è quello delle scommesse; nell’arco degli ultimi quindici anni, accanto alle reti fisiche ufficiali di imprese dedite alla raccolta delle scommesse secondo il modello della concessione di Stato per la gestione delle relative attività, si sono fortemente sviluppate reti fisiche parallele di imprese (centri trasmissione dati-CTD) che raccolgono anch’esse scommesse – per conto di società di riferimento con sede legale nello Spazio economico europeo ma, di fatto, operando come vere e proprie sale scommesse – in un regime di sostanziale migliore concorrenza rispetto alle imprese concessionari”, sostengono. “Reti alternative e parallele la cui attuale dimensione, pari ormai a circa la metà della rete ufficiale, impone di non potere più ignorare il fenomeno; tra i diversi aspetti che caratterizzano il gap concorrenziale emerge, dal punto di vista degli interessi statali, il fatto che i CTD si sottraggono con ogni mezzo – nel migliore dei casi ritardandone notevolmente la riscossione – alla fiscalità italiana sul gioco e che le società di loro regia, in quanto dislocate all’estero, non assolvono in Italia l’IRES ma versano imposte nei Paesi di rispettiva residenza ad aliquote oggettivamente più concorrenziali” sostengono i due deputati, “con l’effetto finale che i servizi di queste reti alternative riescono ad essere offerti a prezzi più vantaggiosi degli analoghi servizi offerti dalle reti ufficiali dei concessionari di Stato; non si conoscono i dati riguardanti il fatto che i CTD scontino, in Italia, almeno l’Irpef o l’Ires sui loro margini di ricavo; le reti alternative inoltre, sottraendosi al regime regolatorio delle concessioni di Stato, non sono collegate ai totalizzatori né rispettano i palinsesti nazionali, ossia gli strumenti che, in Italia, perimetrano, legittimandoli, la tipologia e la quantità di eventi – sportivi ed ippici – sui quali nel nostro Paese è consentito ufficialmente raccogliere scommesse: questa situazione impedisce, tra l’altro, di poter assicurare all’intera platea dei giocatori parità di garanzie in ordine alla qualità dei servizi scommesse, giacché, relativamente alle reti alternative, occorre esclusivamente affidarsi al senso di autoresponsabilità di chi vende scommesse nei CTD e delle loro società estere di riferimento e regia”. E poi un riferimento alla sanatoria introdott con l’ultima legge di Stabilità: “la propensione delle reti fisiche alternative di raccolta delle scommesse a non accettare l’attuale modello regolatorio nazionale trova più recente testimonianza nell’attuazione prevista dall’articolo 1, comma 643, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante la procedura di regolarizzazione dei soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014, che offrono scommesse con vincite in denaro in Italia, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli; come appare dai primi dati appresi, solo un terzo circa della consistenza delle reti alternative sarebbe emersa, avvalendosi delle opportunità di questa procedura; le maggiori società estere che organizzano le reti italiane di CTD stanno tentando con ogni mezzo di contrastare l’eventualità di una prevalenza regolatorio nazionale di riferimento mediante la citazione innanzi ai giudici civili con la richiesta del risarcimento di tutti i possibili danni patrimoniali conseguenti ad una mancata disapplicazione delle norme nazionali repressive, e ciò nel presupposto che tali norme non sarebbero compatibili con l’ordinamento comunitario; in particolare, è stata intimata una diffida ai vertici nazionali dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli ad adottare ogni atto necessario perché al personale dipendente – e le forze di polizia che li coadiuvano – venga disposto di non attuare il predetto sistema di norme repressive della raccolta di scommesse fuori dalle reti fisiche organizzate dai concessionari di Stato; tale atto pregiudicherebbe il funzionamento e l’assetto legale nazionale in materia di raccolta di scommesse, con una caduta verticale della sua credibilità agli occhi delle imprese che hanno creduto nel sistema organizzativo italiano di riferimento ed hanno investito nelle attività di offerta dei servizi-scommesse all’interno del mercato di riferimento; l’assunto dal quale muove la citata azione di diffida e giudiziaria per il risarcimento di pretesi danni consiste nel fatto che la Corte di giustizia ha dichiarato, in sentenze passate, che le imprese che governano le reti di CTD sarebbero state illegittimamente impedite nella partecipazione alle gare pubbliche di affidamento delle concessioni di raccolta delle scommesse, ed in tal modo discriminate, e che in quanto tali non sarebbero state punibili nel momento in cui avessero di fatto comunque raccolto scommesse in Italia: un’affermazione, questa, che continua praticamente a tenere in piedi una sorta di « salvacondotto comunitario » per le reti alternative che, invocandolo, riescono a conseguire l’assolvimento presso molte sedi giudiziarie penali nel momento della verifica della legittimità degli atti di repressione delle scommesse raccolte fuori dalle reti ufficiali”.