Redditometro, Garante Privacy sottolinea alcune criticità. Riserve sull’utilizzo delle medie Istat per quantificare spese per lotto e lotterie

Il Garante delle privacy ha dato il via libera al redditometro, ma ha sottolineato la presenza di “numerosi profili di criticità”. Ha quindi  fornito all’Agenzia delle Entrate una serie di raccomandazioni per rendere lo strumento più efficace, e adeguarlo alla normativa sulla privacy. In particolare, per quanto riguarda i giochi, ha espresso perplessità sulla scelta di “quantificare le spese presunte anche ricorrendo alle cosiddette ‘spese medie Istat’ ricavate dall’appartenenza del contribuente ad una specifica tipologia di famiglia e alla residenza in una determinata aera geografica”. L’Authority sostiene invece che  il reddito del contribuente debba essere ricostruito utilizzando unicamente spese certe e spese che valorizzano elementi certi (possesso di beni o utilizzo di servizi e relativo mantenimento) senza utilizzare spese presunte basate unicamente sulla media Istat. Questi ultimi non possono essere utilizzati per determinare l’ammontare di spese frazionate e ricorrenti per le quali il fisco non ha evidenze certe. Tali dati infatti, riferibili allo standard di consumo medio familiare, non possono essere ricondotti correttamente ad alcun individuo, se non con notevoli margini di errore in eccesso o in difetto. In particolare nel parere si evidenzia che “laddove non risultino evidenze di spese certe risultanti da dati disponibili o presenti in anagrafe tributaria, per numerose voci di spesa prevista nella Tabella A, viene, infatti, attribuito a ciascun contribuente l’ammontare della spesa media Istat dell’area geografica e nucleo familiare di appartenenza per quantificare la spesa presunta per, ad esempio, “tram, autobus, taxi e altri trasporti”, “giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, tributaria computer”, “barbiere, parrucchiere ed istituti di bellezza”. Ciò, anche nei casi in cui l’ammontare della spesa Istat è più elevato di quella certa disponibile all’Agenzia delle entrate”. E ancora, “per tali voci di spesa, i valori medi Istat vengono, pertanto, utilizzati dal decreto non solo per quantificare un elemento di capacità contributiva riferibile al contribuente, ma anche per imputare in via presuntiva allo stesso elementi di spesa non ancorati ad alcun dato certo, relativo all’acquisizione di beni o servizi e al relativo mantenimento”. lp/AGIMEG