Pucci (pres. As.Tro): “Dopo 343 giorni di chiusura dal 2020 per il settore del gioco la ripartenza è resa ancor più complicata da Leggi regionali stringenti come quella dell’Emilia-Romagna”

“Lo scenario dell’Emilia-Romagna non è troppo differente da quello di altre regioni in cui sono state imposte limitazioni. A seguito del lockdown, abbiamo riaperto avendo subito per diversi anni aumenti di tassazione e facendo anche i conti con regole sempre più stingenti. Abbiamo contestato più volte il fatto che il divieto di gioco si applichi non solo alle nuove aperture, ma anche alle sale in esercizio che quindi sono costrette a chiudere o a spostare la propria attività se entro i 500 metri. La lista di luoghi sensibili, dalle scuole agli spazi dedicati al culto, passando per gli impianti sportivi, è lunga. Così è difficile andare avanti. Parliamo di aziende. E quando un’azienda chiude, ci sono persone che restano senza lavoro e famiglie in difficoltà. Questo sembra quasi passare in secondo piano”. E’ quanto dichiara in un’intervista a ‘Il Resto del Carlino’ Massimiliano Pucci, presidente dell’associazione di categoria As.Tro. “Ho contato i giorni di chiusura dal 2020 in poi: sono 343. Quante imprese riescono a sopravvivere dopo un anno senza lavorare? Inevitabile con un periodo così lungo di chiusura che qualcuno chiuda per sempre. A giugno c’è stata la riapertura, ma abbiamo dovuto subito fare i conti con un aumento della tassazione e comunque in periodo di restrizioni. Il primo effetto di un periodo così lungo di chiusura sta nel fatto che la raccolta del gioco fisico cala vistosamente. Ma, venendo meno un punto di riferimento costituito appunto da sale ed esercizi commerciali dedicati al gioco pubblico, si lascia spazio all’illegalità. Questa è la conseguenza più grave: registriamo un’impennata del gioco illegale, che non è controllato e non assicura tutele. Stiamo tornando indietro di vent’anni. Una follia”. lp/AGIMEG