Oriani (Luiss): “Gioco settore industriale con 40mila occupati diretti e 100mila da indotto”

“Quello del gioco è un settore industriale a tutti gli effetti, con 40 mila occupati diretti e oltre 100 mila occupati nell’indotto della filiera, con 15 miliardi di euro di fatturato. Negli anni ha avuto una evoluzione tecnologica importante, ma il settore soffre di stigma legati ad alcuni suoi aspetti anche se la sua è una natura industriale”.

E’ quanto ha dichiarato – nel corso del convegno “Il mercato del gioco: prospettive economiche e sociali”, nel quale sono stati presentati i risultati della ricerca sul settore del gioco in Italia svolta nell’ambito dell’Osservatorio sui mercati regolati di LUISS Business School – Raffaele Oriani, Referente scientifico Progetto di ricerca sul settore del Gioco e Associate Dean, Luiss Business School.

“Nel 2020 abbiamo assistito al crollo della raccolta e del gettito, tornato al livello del 2006, con implicazioni chiare evidenziate dall’indagine Ipsos, con un ricorso al gioco illegale a causa delle chiusure imposte in pandemia. Senza gioco legale, i giocatori vanno su canali illegali”.

“Dalle nostre ricerche emerge come un giocatore gioca più facilmente sull’illegale quando ha meno competenze finanziarie. Non sempre c’è una percezione da parte del consumatore che sta giocando in modo illegale, quindi utilizza canali illegali senza esserne cosciente, cio’ avviene soprattutto nell’online. Un altro tema è quello della consapevolezza, su cui investire e su cui Adm sta concentrando gli sforzi. Altro aspetto è rappresentato dalla classe di reddito, sono infatti esposte al gioco illegale le classi meno abbienti. Inoltre, giocano sul canale illegale soprattutto i giovani“.

“In tema di raccolta, il reddito familiare procapite influenza positivamente la raccolta territoriale, maggiore reddito procapite infatti porta maggiore raccolta di gioco. Il prodotto di gioco è un bene normale, il suo consumo aumenta all’ aumentare del reddito, il gioco fa parte del paniere delle persone”

“Parlare di gioco come qualcosa di nicchia che riguarda solo una parte della popolazione non rappresenta correttamente la realtà. Nel gioco l’elasticità della raccolta al prezzo è negativa, ovvero la gente gioca se ritiene che il prezzo sia accettabile, mentre se è troppo alto non gioca”.

Sull’impatto della pandemia nel 2020 sul settore, “si vede che la percentuale procapite sugli apparecchi è stata ridotta in quanto questa tipologia di gioco non era più accessibile a causa dei lockdown. Se guardiamo invece agli altri giochi, più accessibili come lotto e lotterie, l’incidenza sulla spesa ricreativa è rimasta costante”.

“In conclusione, riteniamo che gli studi condotti nel 2021 mettono sul tavolo evidenze empiriche che possono essere utili, innanzitutto l’esigenza di insistere sulla consapevolezza dell’illegalità, poi sul fatto che il gioco è sostanzialmente un servizio che la gente considera ‘normale’, per divertirsi, il cui utilizzo cresce al crescere del reddito. A luglio 2021 metà della popolazione maggiorenne giocava, questo è un tema di riflessione che poniamo all’attenzione delle istituzioni“. cr/AGIMEG