Imprenditore sale slot/vlt ad Agimeg: “Dopo le banche, anche le Poste ci negano l’apertura di un conto corrente. Ho chiesto un incontro urgente con il sottosegretario Durigon”

Dopo le banche, anche le Poste hanno deciso di non consentire più l’apertura di conti correnti ad imprese di gioco. Ennesima doccia fredda per il settore che, ricordiamo, è chiuso da 300 giorni – contando il primo e il secondo lockdown imposto dal Governo, ancora in corso – e che da mesi lamenta la stretta sull’apertura dei conti correnti imposta dagli istituti di credito. L’ennesimo caso di discriminazione degli operatori del gioco pubblico, raccontato ad Agimeg, arriva da Giuseppe Pumo, imprenditore di Isola del Liri, in provincia di Frosinone, che opera nel settore del gaming dal 1998, dapprima come noleggiatore di apparecchi da intrattenimento senza vincita in denaro e dal 2004 mediante apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro, Slot e VLT.
Dopo le banche, neanche più le Poste aprono un conto corrente agli operatori di gioco. La situazione è diventata insostenibile. Ieri mattina Poste italiane mi hanno negato l’apertura di un conto corrente, in quanto la mia attività è connessa al gioco. Fino allo scorso anno l’unico limite imposto dalle Poste era il divieto di apertura di conti correnti di società che non avessero almeno un anno di attività, ora invece il divieto è assoluto. Il problema è che la decisione non è stata adottata dalla volontà di un singolo direttore, a livello locale, ma è imposta a livello nazionale, sono direttive che arrivano dall’alto, come ho potuto verificare di persona. Dopo il no presso l’ufficio postale di Isola del Liri, mi sono recato a Frosinone, nel capoluogo di riferimento, e mi hanno risposto la stessa cosa. Ora mi trovo con alcuni conti correnti di altre mie società di gioco aperti 8 mesi fa alle Poste, attualmente attivi ed operativi, mentre quest’ultimo che ho provato ad aprire ieri mi è stato respinto. Il che vuol dire che per il settore del gioco non c’è più speranza, con questo ultimo passaggio il cerchio si è chiuso completamente. Di fatto ho una società che non ha più un conto corrente e che quando il settore del gioco riaprirà, non potrà operare. Una cosa assurda e gravissima, tanto più che al momento delle riaperture non saremo in grado di riversare nelle casse dello Stato il Preu generato dagli apparecchi, e quindi saremo indotti a commettere un reato, quello di peculato, in quanto tratteniamo contro la nostra volontà dei soldi dello Stato. Vorrà dire che prenderemo le monetine e le porteremo fisicamente ad ADM”.
Per Pumo l’unica possibilità per sbloccare questa impasse è appellarsi al Governo: “Ho chiesto un incontro urgente al sottosegretario del MEF con delega ai giochi, Claudio Durigon. Mi ha detto che mi riceverà appena possibile. Nel nostro incontro voglio parlare solamente della chiusura del credito da parte degli istituti bancari e postali, in quanto questo è il vero problema per il settore, ancor più grave rispetto alla data di possibile riapertura del comparto. Il problema di fondo è che c’è una falla nel sistema. E’ necessario che ADM crei una convenzione a livello statale con una banca di livello nazionale, che consenta di stipulare convenzioni con gli operatori di gioco, in modo che non sia a discrezione dell’istituto se aprire o meno un conto corrente. In altre parole, un operatore di gioco che si rivolga ad un istituto di credito stabilito deve essere certo di poter aprire un conto. Ma impedire l’apertura di un conto corrente ordinario, che per legge deve essere utilizzato per la tracciabilità del denaro, mi sembra pura follia”.
Intanto il settore continua a rimanere chiuso: “Per quanto riguarda noi operatori, stiamo subendo delle vessazioni continue. Manifestiamo, facciamo di tutto per farci sentire e trasmettere alla politica il nostro disagio, ma il problema è alla radice. Lo Stato ha preso il settore del gaming per regolamentarlo e tutelare il giocatore, ma è l’unico soggetto che invece sta vessando il giocatore. Non c’è più una logica: lo Stato non fa che aumentare le tasse a settore chiuso, a suo esclusivo vantaggio. Inoltre vietando il gioco legale, porta alla crescita a dismisura dell’illegalità. Dove vivo io, in una piccola realtà territoriale, il fenomeno è meno evidente, ma nelle grandi città la malavita fa affari d’oro”.
“Le aziende del gioco a causa dei lockdown hanno subìto perdite indescrivibili, danni incalcolabili. Le mie aziende non godono certo di ottima salute, ma ringraziando il cielo rispetto a tante altre possono dire che potrò continuare a lavorare al momento della riapertura, anche se non tutti avranno questa stessa fortuna. Quando mi sono reso conto che le chiusure si sarebbero protratte a lungo, ho sospeso tutti i pagamenti delle tasse, ma ciò mi ha consentito di poter non avere debiti con i concessionari o con lo Stato, avendo pagato tutto il Preu. Purtroppo noi operatori di gioco non siamo proprietari di quello che abbiamo. Se ho un ristorante, anche se un Dpcm mi vieta di aprire, posso aprire lo stesso, mentre se ho una sala giochi con delle slot, non posso accenderle, in quanto mi viene impedito da Adm. Quando riapriranno, gli operatori di gioco dovranno affrontare un serio problema di liquidità, un altro tema che rischia di portare il settore del gioco legale ancor più al massacro”, ha concluso. cr/AGIMEG