Giochi, Ughi (Obiettivo 2016) ad Agimeg: “Provvedimento delle distanze privo di senso. Le regole dovrebbero essere studiate insieme agli operatori”

“Mi auguro che ci sia un accordo in Conferenza Unificata. Sono scettico su quanto riportato dal Sole 24 Ore oggi. Un accordo dovrebbe esserci comunque. Perchè o il gioco, come sostengono alcuni, fa male o non fa male. Se fa male devono essere presi provvedimenti per la salute pubblica, se non fa male dovrebbero smettere il criticare il gioco, tutelarlo e riportarlo di fronte all’opinione pubblica come una normalità e non come una cosa letale. Non capisco perchè l’Accordo Stato Regioni dovrebbe protrarsi ancora nel tempo e perchè lo Stato non decida di prendere provvedimenti, anche autonomi. Chi non intende fare l’accordo e porta avanti la discussione è responsabile delle stesse cose da lui stesso criticate. Le Regioni affermano che il gioco fa male e che va regolato. E allora perchè non lo fanno? Se l’abuso del gioco nuoce alla salute pubblica, cosa aspettano i soggetti che hanno il potere di legiferare, come Enti Locali e Parlamento? Aspettano che qualcuno si prenda la responsabilità davanti all’opinione pubblica? La responsabilità ce l’hanno tutti quelli che governano. Governatori, legislatori e regolatori del settore hanno la responsabilità di aver parlato per due anni di questa vicenda senza arrivare ad una soluzione”. E’ quanto ha dichiarato ad Agimeg Maurizio Ughi, presidente di Obiettivo 2016 in vista della Conferenza Unificata straordinaria prevista per oggi. “Sulle dichiarazioni apparse sul Sole 24 Ore – aggiunge – che riguardano la possibilità di lasciare agli Enti Locali la decisione riguardante la distribuzione del gioco, credo sia un passo indietro. Arrivano norme comunitarie che comandano su tutto, noi facciamo marcia indietro verso norme di settore e locali. Qualora ritenessero opportuno operare non più a livello nazionale ma locale, non si può far fare una norma per un settore economico, industria dello Stato che porta risorse notevoli, 10 miliardi spendibili l’anno, a qualcuno che non è coinvolto nel denaro che questo settore porta. Qualora la distribuzione sul territorio venga lasciata agli Enti Locali, questi dovrebbero essere coinvolti. Se lo Stato ha iscritto nelle malattie riconosciute dall’assistenza sanitaria la dipendenza da gioco che può essere curata con soldi pubblici, allora capisco che le Regioni cerchino di impedire il gioco per non spendere il denaro pubblico. Senza il ricavo tutto viene fatto in difesa. Stiamo parlando di un prodotto industriale, esistono industrie che inquinano ma funzionano, si prendono però provvedimenti per farle inquinare meno. Se il ruolo che viene trasferito alle Regioni è quello di pianificare la distribuzione territoriale senza avere il reddito in funzione al numero dei punti sul territorio, l’accordo è gratuito e privo di senso”. Continua poi: “Ci sono tre possibili visioni del problema. Il primo: si giunge all’accordo e si procede con la gara dei giochi. Secondo: non si giunge all’accordo ma si procede con le aperture di mercato. Ma si rischia il proliferare di ulteriori punti. Un non senso rispetto a quanto detto dal sottosegretario in riferimento alla riduzione dei punti gioco. Terzo: si può rimanere in questa situazione, senza investire nei rinnovi delle concessioni. Ma ciò porta a una discriminazione di terzi soggetti per l’ingresso sul mercato. Il settore è in questo momento privo di una licenza da parte dello Stato, Adm non ha mai rilasciato un provvedimento di rinnovo, ma ha fatto provvedimenti che garantissero la fideiussione bancaria. Deve essere presa una soluzione. Il settore per ora è non concesso, non c’è una norma che prevede che le concessioni siano attive. C’è un’accettazione di fatto e non di diritto”. “Un settore che produce 10 miliardi di euro – aggiunge ad Agimeg – non può essere abbandonato a se stesso. Vedo una situazione lasciata alle critiche dell’opinione pubblica. Il provvedimento delle distanze serve a fare comunicazione ma è privo di senso. Ritengo che i giochi siano utili anche per lo svago. Le regole dovrebbero essere studiate insieme agli operatori, che sono in contatto con i scommettitori. Il gestore sa che per lui è più conveniente prendere di meno dai più, che più dai pochi. E’ nell’interesse del gestore del punto vendita non invogliare. Ci sono norme che sono solamente uno spot pubblicitario. Ma l’opinione pubblica non è stolta e si rende conto di questo nell’ondata di ritorno. I giocatori sono 30 milioni. Dovrebbero pensare alla soluzione del problema. Dovrebbero fare un tavolo condiviso con quelli che sono a contatto con il giocatore”. cdn/AGIMEG