Giochi, fusione Gtech-Igt. L’AD Sala: “Investiremo 300 milioni di dollari l’anno in ricerca e sviluppo per restare all’avanguardia”

Le nozze tra Igt e Gtech, una volta a regime, produrranno un agglomerato industrial forte di una capitalizzazione complessiva di 4 miliardi di dollari e 6 miliardi di ricavi, con circa 13mila dipendenti in oltre 60 Paesi del Mondo. Nel giorno del debutto a Wall Street, l’ad Marco Sala fa il punto della situazione con Class-Cnbc, l’intervista è pubblicato sul numero di oggi di Milano Finanza.

Dottor Sala, nel 2006 avete fatto il primo grande colpo negli Usa con Gtech e oggi debuttate a Wall Street. C’è di che festeggiare.

Assolutamente si, è un grande traguardo per una compagnia che dodici anni fa era soltanto un contractor di lotterie in Italia e che poi nel tempo è riuscita a svilupparsi grazie da una parte alla regolamentazione del mercato italiano e dall’altra alla volontà di diventare davvero internazionali. Un percorso che avevamo avviato nel 2006 con l’acquisizione di Gtech e che è poi proseguito con altre successive operazioni nel campo dei giochi, fino al grande passo con Igt che ci porta a essere la compagnia leader nel settore del gaming, con una forte posizione anche nel mondo interactive.

Quali saranno i primi passi da compiere?

Dobbiamo subito focalizzarci sull’integrazione delle due società, per lo sviluppo di prodotti e servizi. Questo è un business di contenuti e di tecnologie e noi dobbiamo lavorare costantemente per avere i migliori prodotti da portare ai nostri clienti sul mercato. Avremo la possibilità di utilizzare un budget per la ricerca e lo sviluppo piuttosto importante: 300 milioni di dollari all’anno che utilizzeremo per restare all’avanguardia.

Atlantic City, che con Las Vegas rappresenta il simbolo del gioco d’azzardo, negli ultimi anni ha perso 8 mila posti di lavoro. I suoi alberghi sono vuoti. Segno che il mercato dei casinò è saturo perché la rete e il social gaming l’hanno superato in tromba?

Devo dire che mentre Atlantic City ha annaspato, Las Vegas è cresciuta. Negli Stati Uniti, il mercato del gaming è in realtà stabile, mentre quello interattivo sta crescendo più velocemente. Attraverso l’acquisizione di Igt siamo arrivati a gestire un marchio come Doubledown Casino che è uno dei leader nel campo del gaming online. Quindi siamo sul pezzo.

Una delle slot machine più famose di Igt si chiama Ruota della Fortuna. Il Wsj ha scritto in questi giorni che Gtech sta giocando alla ruota della fortuna con Igt, dal momento che quest’ultima ha perduto quote di mercato sui casinò: dal 60% nel 2004 all’attuale 34%. Chi ha ragione?

Premetto che non conosco in nessuna industria un market leader in grado di mantenere una quota del 60%. Nel nostro caso, poi, gli operatori dei casinò hanno deciso di aumentare la competizione all’ interno del floor. La perdita di share è stato quindi un fenomeno quasi naturale. Noi ci impegneremo per stabilizzare la quota di mercato di Igt e per re-incrementarla attraverso gli investimenti.

La maggior parte dell’operazione Gtech-Igt è avvenuta a debito. Con il rafforzamento del dollaro sarà più difficile rifinanziare il debito con un impatto negativo sugli investimenti?

Assolutamente no. La struttura del debito è ben bilanciata tra dollari ed euro, in relazione a dove generiamo cash flow. Quest’ultimo ci servirà a ridurre il debito nel tempo e a mantenere i nostri programmi di investimento coli come li abbiamo pensati al momento dell’acquisizione.

È in atto una polemica negli Usa nei confronti di grandi multinazionali che hanno deciso di trasferire all’estero la sede legale. Si parla di mancanza di patriottismo e di abuso del sistema tributario. Anche Igt avrà la sede a Londra e pagherà quindi le tasse in Gran Bretagna…

Tecnicamente, la nostra è una combinazione che non rientra in quel caso: siamo un’azienda italiana che sta comprando una società americana che si quota a Wall Street e che ha deciso che Londra sia il miglior posto in cui avere il quartier generale. E un mix culturale tra la forte operazione che avremo negli Usa e quella altrettanto forte che avremo in Italia e in altri Paesi.

In Italia ci sono aziende come Pirelli e Wdf passate in mani straniere. Voi avete fatto il contrario. Significa che le società italiane possono comunque correre sulle loro gambe?

Non entro nel merito di strategie altrui. Per quanto riguarda il nostro caso, invece, posso dire che nel corso del tempo abbiamo messo lo sviluppo internazionale al centro della strategia e siamo riusciti a conseguirlo. Credo sia un motivo di grande soddisfazione per noi ma anche per tutti gli italiani. lp/AGIMEG