Giochi, Carboni (Partner Egla): “Generalizzare le parole del Procuratore Nazionale Antimafia può portare a un’ingiusta criminalizzazione del gioco on-line”

“Recentemente in diverse occasioni, e da ultimo venerdì scorso 11 marzo, varie testate giornalistiche, specializzate e generaliste, hanno riportato stralci dalla Relazione annuale delle attività svolte dalla Direzione Nazionale Antimafia e dichiarazioni del Procuratore Nazionale Antimafia, relative all’attività della criminalità organizzata nel settore del gioco.

Gli stralci della Relazione pubblicati dalla stampa denunciano ad esempio, con riferimento alla ‘ndrangheta : la “forte ed attuale operatività in tutti gli ambiti, sia quelli più specificamente criminali … che quelli apparentemente relativi alla c.d. economia legale, dagli appalti pubblici alle attività imprenditoriali, nel settori del commercio, dei trasporti, dell’edilizia ed in quello di giochi e scommesse, soprattutto on-line” e, con riferimento alla camorra : l’elezione tra gli “ambiti nei quali appare più conveniente reinvestire profitti criminosi quello delle agenzie di scommesse che – per la sua peculiare ramificazione territoriale oltre che per la stretta relazione con il gioco on-line, per sua natura, dematerializzato – spesso implica il coinvolgimento di più di un sodalizio criminale”.

Le dichiarazioni della DNA riportate dalla stampa – anche in conseguenza delle semplificazioni e decontestualizzazioni prodotte dalla sintesi giornalistica, tenuto conto che la Relazione è un documento di 953 pagine – sembrano dunque assegnare un rilievo particolare al gioco on-line quale ambito d’interesse delle organizzazioni criminali e quale fenomeno caratterizzato da potenziale pericolosità”.

E’ quanto commenta Giovanni Carboni,  Managing Partners di Carboni&Partners – EGLA, da al settore dell’on line, in merito alle dichiarazioni del Procuratore Nazionale Antimafia, relative all’attività della criminalità organizzata nel settore del gioco.

“L’esame dei fenomeni criminali – prosegue – oggetto d’indagine della magistratura illustrati nella relazione mostrano però che l’ambito di interesse delle organizzazioni criminali è un “gioco on-line” che non è gioco on-line.

Gioco online è e-commerce. È acquisto di prodotti di gioco attraverso siti internet dedicati, mediante l’utilizzo di uno strumento di pagamento nominativo – il conto di gioco – emesso dal concessionario, che comporta la verifica dell’identità del consumatore. Questo strumento di pagamento viene ricaricato come una carta prepagata bancaria e consente il prelievo della giacenza mediante versamento su un conto corrente o comunque su uno strumento di pagamento bancario o postale. A differenza di una carta prepagata bancaria non è necessariamente corredato da una carta fisica solo perché è utilizzabile esclusivamente per gli acquisti del gioco sul sito del concessionario. La Carta fisica perciò non serve.

I concessionari dot.it, e anche gli operatori di gioco dot.com che offrono gioco on-line vero ancorché illegalmente, operano in tal modo.

Invece le attività della criminalità organizzata nel settore del gioco illustrate nella Relazione della DNA hanno consistito nella “raccolta da banco dei giochi e delle scommesse, che si è concretata attraverso una rete di agenzie inquadrate come meri CTD” e pertanto la raccolta “non è avvenuta attraverso una transazione on-line in quanto le poste dei giocatori sono state acquisite in contanti o tramite assegni direttamente consegnati al gestore del punto dislocato sul territorio”, quindi in modo anonimo e senza la preventiva registrazione del giocatore, nelle forme proprie del gioco del canale fisico, non del gioco on-line.

Le parole in corsivo tra virgolette non sono mie. Ho infatti citato il comunicato del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia, emesso il 22 luglio scorso, con il quale veniva data informazione riguardo alla c.d. operazione “Gambling”.

L’operazione Gambling è l’azione di contrasto più significativa del 2015 e non solo, svolta dalla magistratura italiana contro l’illegalità nel settore del gioco, riportata naturalmente nella Relazione della DNA. Essa peraltro è un successo e costituisce addirittura uno spartiacque, anche in relazione alla responsabilizzazione alla quale è stata costretta l’Authority del gioco online maltese, che finora aveva troppo chiuso gli occhi di fronte all’uso improprio delle licenze assegnate.

Anche le altre attività illegali della criminalità organizzata associate al “gioco online” e riportate nella Relazione adottano tale modus operandi. Gli operatori del gioco sodali delle organizzazioni criminali si dotano di una licenza fornita da un’Authority del gioco compiacente, al solo scopo di mascherare surrettiziamente la propria attività illecita di gioco fisico. La licenza in sé, se non accompagnata da controlli, è solo un “pezzo di carta”, irrilevante riguardo alla reale operatività. In tal caso il conto di gioco non costituisce lo strumento di pagamento dedicato, subordinato alla registrazione nominativa, con il quale il giocatore effettua autonomamente l’attività di gioco, ma è invece intestato all’esercente del punto di vendita fisico frequentato dai giocatori che ivi giocano in forma anonima. Si trasforma perciò in un mero strumento gestionale di contabilizzazione dei flussi tra esercente e bookmaker. Anche nei casi in cui i conti di gioco vengono effettivamente intestati ai giocatori la relazione con essi non avviene “a distanza”, ma è mediata e gestita sia nella fase del reclutamento sia nella fase del deposito e del prelievo da strutture di punti vendita e di agenti che presidiano il territorio, con transazioni che sfuggono al sistema bancario. La criminalità organizzata ha bisogno di operare in questo business con radicamento nel mondo reale.

Il Procuratore Nazionale e la DNA conoscono bene, ovviamente, i profili particolari con cui è esercitato il “gioco on-line” dalla criminalità organizzata. Purtroppo la semplificazione adottata nella comunicazione determina, per coloro che non sono esperti addetti ai lavori, una ingiusta criminalizzazione del gioco on-line (vero) o, quantomeno, l’attribuzione ad esso di una immeritata reputazione di potenziale pericolosità.

La percezione di rischio avvertita dall’opinione pubblica e dalla stessa politica nei confronti del mondo virtuale è una proiezione della difficoltà di comprensione della tecnologia che governa internet.

Si dovrebbe però ricordare che la dematerializzazione delle transazioni finanziarie – che è realizzata con l’utilizzo di internet – è condizione di trasparenza, sicurezza e tutela della legalità. Si dimentica che la centralizzazione dell’intelligenza del gioco in sistemi centrali è paradigma di sicurezza, anche alla base del progetto di trasformazione delle attuali AWP. Sembra poi che sfugga che il gioco online è virtuale perché le transazioni sono effettuate con uno strumento di pagamento elettronico nominativo e non per contante, perché il ticket è sostituito da una registrazione elettronica e perché non c’è la mediazione di un esercente/gestore, peraltro assai indiretta nel caso degli apparecchi. Per il resto, la gestione e il controllo centralizzato dei giochi mediante la tecnologia delle reti tecnologiche e di internet non è appannaggio del solo gioco online, ma è norma e garanzia di sicurezza anche per la generalità dei giochi fisici, salvo i tavoli e le slot dei casino o comunque gestite localmente. Le scommesse on-line e quelle raccolte in agenzia, ad esempio, raggiungono lo stesso centro servizi entrambe viaggiando su internet, le prime dallo smartphone o computer del giocatore le altre dal terminale del punto fisico. Ma le prime sono nominative e le seconde sono anonime”.