Scalzi (Wpt): “Grandi margini di crescita per il poker live”

Shuffle Up and Deal: si va in scena. Il fischio d’inizio di un torneo di poker lo hanno vissuto in tanti, quello che accade prima che si alzi il sipario è un lavoro più silenzioso delle migliaia di chips fatte danzare tra le mani dei giocatori, ma che richiede tanta attenzione nel mix di ingredienti. Tra i migliori “chef” italiani di tornei di poker c’è Christian Scalzi, tournament director del World Poker Tour.

Esattamente cosa fa un tournament director?
“Sovrintende al torneo. Dalla scelta dei dealer e di ogni collaboratore, tutte devono essere persone di fiducia. Ma non finisce qui. Un torneo come il World Poker Tour fa tappe in tutto il mondo, quindi è importante curare bene i rapporti con i casinò. Mi ritengo fortunato per il lavoro che faccio anche perché il poker sta conquistando nuove terre. Presto sarò in Sudafrica dove la giusta cultura del poker sta esplodendo come è accaduto 5-6 anni fa in Italia e in Europa. Sono proprio i grandi eventi che fanno la differenza”.

Come è iniziata la sua carriera?
“Nasco nel mondo dei casinò e delle navi da crociera. La mia fortuna è stata quella di potermi confrontare da subito con contesti internazionali. Prima in Francia, poi a Sanremo: qualche anno fa i tornei non esistevano da noi, tanto che nel 2006, nel primo torneo di Texas Hold’em italiano, fummo costretti a chiamare dealer austriaci. La vera svolta della mia carriera arrivò quando Thomas Kremser mi volle con lui per l’European Poker Tour per la finale di Monte Carlo e quando divenni consulente del casinò di Marrakech con Matt Savage”.

Gli italiani sono abituati a contestare gli arbitri, accade la stessa cosa nel poker con i dealer?
“Un po’ alla volta sono stati educati. Senza generalizzare, gli scandinavi erano più lucidi, meno scaramantici rispetto ai latini, ma si tratta del passato. Ecco, parte del mio lavoro è anche assicurarmi che lo staff sia tutelato al massimo”.

Qual è il posto migliore per giocare a poker?
“Uno dei più belli è Cipro. Presto farò il mio debutto al Merit per una tappa del Wpt. Il segreto per garantire la soddisfazione a un giocatore è cercare un bel posto dove si andrebbe volentieri anche in vacanza, offrire tavoli cash e buffet. Il player vuole sentirsi coccolato, a Cipro lo hanno capito bene e ora è molto frequentata da giocatori turchi, libanesi, russi. In Italia Sanremo resta una meta molto ambita, anche perché la città è in grado di accogliere molti player. Un vero boom lo sta riscontrando anche Malta, ma penso che il vero Paradiso sia St. Maarten”.

Qual è lo stato di salute del gioco in Italia?
“Stiamo registrando un calo degli iscritti negli eventi più importanti, ma non ci sono meno giocatori, semplicemente si sono moltiplicati i tornei. Può capitare che ci siano 2-3 eventi in contemporanea. Quando questi sono troppo concentrati i player devono scegliere tra Cannes, Venezia e Campione, ma i numeri ci sono sempre. Due cose però si potrebbero fare: creare un ponte più stabile con il poker online, magari aprendo i confini a una liquidità internazionale, e poter lavorare non solo nei casinò”.

C’è chi ha proposto un casinò in ogni città…
“E’ una favola che sento dal ’93, quando si parlava di un casinò per ogni regione. Ultimamente sono venute fuori le proposte di Taormina e Montecatini, ma non ci credo molto. Uno sbocco valido sarebbe la riapertura dei circoli live. In Italia ci sono strutture molto valide, che con tornei a costo contenuto potrebbero educare i giocatori in ambienti sicuri. Nessuno però vuole prendersi il rischio di regolamentare il settore, nonostante le tante sentenze a favore dei circoli che organizzano eventi da anni. Mi chiedo se non è più pericoloso vedere un pensionato davanti a una delle slot piazzate ovunque in Italia. Bisogna investire con imprenditori pronti a lavorare sulla cultura del gioco, come accade in Austria o in Irlanda, dove il poker non viene visto come un demone, ma si fa in modo di esaltarne la funzione sociale”.

Chi sono i giocatori?
“Esiste il player professionista che va a Las Vegas per cercare l’azione e i tavoli aperti a qualsiasi ora, ma io preferisco organizzare festival che possano venire incontro alle esigenze di tutti, magari proponendo buy in più economici”.

Le è capitata qualche partita un po’ sopra le righe?
A poker ormai giocano un po’ tutti, anche personaggi molto conosciuti. Non è un caso se Totti e Buffon abbiano accettato di essere testimonial di note poker room. E’ proprio questo appeal che ha il poker a farmi credere che ci sia margine per un’ulteriore crescita. Possiamo poi pensare allo spot “Adidas is all in”: le multinazionali prendono in prestito termini da tavolo”.

Intanto a Las Vegas si giocano le Wsop. Come andranno gli italiani?
“Dirigendo un circuito importante ho avuto modo di conoscere molti player. La scuola italiana può contare su veri fenomeni, da Sammartino a Kanit, da Fundarò, che ha vinto già un Wpt, a Buonanno, che ha appena vinto l’Ept. Puntiamo sempre al braccialetto e in questa edizione potrebbero essere due”.

Com’è invece la vita del dealer, chi abbiamo di fronte quando giochiamo?
“A volte sono persone innamorate del proprio lavoro, a volte sono ragazzi sottopagati per la preparazione che hanno. Dipende dal circuito. E’ comunque un’opportunità di lavoro che in molti potrebbero prendere in considerazione. A Roma c’è la Cerus, una scuola che ha sedi in tutta Europa e che permette di lavorare ovunque. E’ un’esperienza di vita che consiglierei a molti”. cz/AGIMEG