Poker live, vincite estere: pronte le azioni legali per il rimborso dei giocatori

“L’Amministrazione Finanziaria ha l’obbligo di interrompere istantaneamente qualsiasi attività di verifica e accertamento nell’ambito del progetto All-In, in ottemperanza a un provvedimento, la Sentenza della CGUE, che non vincola direttamente solo i giudici nazionali, ma anche le Istituzioni dei Paesi Membri. Se non lo faranno, come purtroppo accade di sovente nel nostro paese, se ne assumeranno la responsabilità.Per quanto concerne le cause già incardinate, i giudici non potranno far altro che prendere atto della Sentenza e disapplicare direttamente le norme italiane confliggenti con il diritto comunitario, precisando che i vari casi vanno trattati singolarmente e possono presentare delle peculiarità”.
Quali sono gli effetti pratici della sentenza Blanco-Fabretti della Corte di Giustizia Europea sull’operazione All in? Lo spiegano così l’avvocato Massimiliano Rosa e il dott. Sebastiano Cristaldi, difensori dei due giocatori di poker nella causa contro il fisco italiano per la mancata denuncia di alcune vincite conseguite in tornei giocati all’estero. E ancora, aula questione dei rimborsi
“La Sentenza – commentano  legali – ha stabilito che l’Amministrazione Finanziaria italiana ha violato il diritto comunitario, compiendo la peggiore infrazione che si possa concepire in ambito giuridico, trattandosi di norme e principi supremi dell’ordinamento, parificati e spesso sovraordinati a quelli costituzionali. Proprio in virtù della gravità dell’infrazione, si aprono ora diversi scenari in termini di rimborsi e di risarcimenti. Quanto ai rimborsi è necessario fare delle doverose specificazioni, prospettandosi diversi casi pratici: chi ha portato spontaneamente in dichiarazione i redditi da gioco, provvedendo a versare le relative imposte, ha senz’altro titolo per presentare istanza di rimborso; chi ha subito una verifica o un accertamento, e solo dopo questi eventi ha versato delle somme all’Amministrazione, vuoi perché ha raggiunto un accordo, vuoi perché ha aderito all’accertamento, non ha più la possibilità di ripetere quanto già versato, e ciò per un legittimo principio di certezza del diritto, in base al quale, almeno in ambito civile ed amministrativo, non si possono rimettere in discussione all’infinito delle questioni definite; chi invece ha raggiunto un accordo in adesione, rateizzando il pagamento in 8 rate trimestrali, ma non ha ancora versato quanto dovuto, in tutto o in parte, a nostro parere ha la possibilità di sospendere il pagamento e di chiedere l’annullamento in autotutela della pretesa erariale, impugnando in sede giurisdizionale l’eventuale rifiuto o silenzio diniego da parte dell’Ufficio; ciò vale esclusivamente per le somme non ancora versate, mentre per quelle già pagate non intravvediamo possibilità di ripetizione; l’ultima ipotesi è quella di un accertamento definitivo, e quindi esecutivo, che non sia stato ancora pagato dal contribuente; anche in tale caso, a nostro parere, è possibile presentare istanza di autotutela, impugnando in sede giurisdizionale l’eventuale rifiuto o silenzio diniego da parte dell’Ufficio, andando di fatto a superare il vincolo del giudicato, ovvero della definitività dell’accertamento”.
Uno spiraglio quindi c’è per tutti.
“A nostro parere tutte le ipotesi sopra prospettate sono legittime e percorribili, ma è bene specificare che si tratta di una nostra opinione professionale, con particolare riguardo ai punti 3  e 4, e, soprattutto, che qualsiasi istanza da parte dei contribuenti, troverà quasi certamente l’ostile opposizione dell’Amministrazione Finanziaria, che difficilmente si renderà collaborativa nel rendere del denaro abusivamente incassato. In sostanza, pur sperando di essere favorevolmente sorpresi dalla nostra leale e diligente Amministrazione, riteniamo che a parte l’ipotesi n. 1),  difficilmente si potrà avere soddisfazione senza passare da un nuovo contenzioso in sede giurisdizionale”. cz/AGIMEG