Poker: Caso “All-in”. La Corte di Giustizia Europea boccia l’Italia, niente tassazione sulle vincite ottenute nei casinò esteri. Ecco la sentenza

Niente tassazione applicata alle vincite realizzate dai giocatori nei casinò esteri. Lo ha deciso con sentenza la Corte di Giustizia Europea che ha di fatto censurato  la normativa italiana. Il caso finito in CGE è quello della causa Blanco (nella vicenda “All-Inn”) promossa da alcuni giocatori di poker italiani finiti nel mirino del Fisco italiano per diverse vincite ottenute, appunto, all’estero. Secondo la CGE, la normativa italiana che esonera dalle tasse le vincite ottenute nei casinò nazionali, ma non quelle realizzate all’estero, risulta contraria ai principi del Trattato dell’Unione Europea. rg/AGIMEG

 

Poker: “Caso All-Inn”. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea promosso dalla Commissione tributaria di Roma

La pronuncia della Corte di Giustizia Europea oggi ha bocciato l’Italia sull’assoggettamento ad obblighi dichiarativi ed impositivi a fini fiscali delle vincite conseguite presso case da gioco di Paesi membri dell’Unione Europea, da persone residenti in Italia, stabilendo che, se la tassazione è esonerata nel caso di vincite conseguite nei casinò italiani, deve esserlo anche per quelle ottenute all’estero. Di fatto quindi risulta in contrasto con il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Il rinvio pregiudiziale alla CGE è stato promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, per l’interpretazione degli articoli 52 e 56 del Trattato. La vicenda trae origine dai ricorsi proposti da alcuni giocatori di poker, che hanno impugnato gli accertamenti dell’Agenzia dell’entrate per alcune vincite ottenute in casinò di altri Stati membri dell’Unione Europea, per i quali era stata richiesta una tassazione al 43%. Secondo i ricorrenti, “la norma prevederebbe un trattamento discriminatorio, dal momento che le vincite conseguite nei casinò italiani non sono soggette a prelievo”. rg/AGIMEG

 

Poker: Caso “All-in”. Ecco la sentenza della Corte di Giustizia Europea

La pronuncia della Corte di Giustizia Europea oggi ha bocciato l’Italia sull’assoggettamento ad obblighi dichiarativi ed impositivi a fini fiscali delle vincite conseguite presso case da gioco di Paesi membri dell’Unione Europea, da persone residenti in Italia, stabilendo che, se la tassazione è esonerata nel caso di vincite conseguite nei casinò italiani, deve esserlo anche per quelle ottenute all’estero. Ecco la sentenza integrale:

«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi – Restrizioni – Normativa tributaria – Redditi costituiti da vincite da giochi d’azzardo – Differenza di imposizione tra le vincite ottenute all’estero e quelle provenienti da case da gioco nazionali»

Nelle cause riunite C‑344/13 e C‑367/13,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte ai sensi dell’articolo 267 TFUE dalla Commissione tributaria provinciale di Roma (Italia), con ordinanze del 28 maggio 2013, pervenute in cancelleria il 24 giugno e il 1° luglio 2013 nei procedimenti

Cristiano Blanco (C‑344/13),

Pier Paolo Fabretti (C‑367/13)

contro

Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Roma – Ufficio Controlli,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Ó Caoimh, C. Toader (relatore), E. Jarašiūnas e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: P. Cruz Villalón

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per C. Blanco e P. P. Fabretti, da M. Rosa e S. Cristaldi, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. De Bellis, avvocato dello Stato;

–        per il governo belga, da L. Van den Broeck e J.-C. Halleux, in qualità di agenti, assistiti da P. Vlaemminck e R. Verbeke, advocaten;

–        per la Commissione europea, da D. Recchia e W. Roels, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 46 e 49 CE, divenuti gli articoli 52 e 56 TFUE.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che oppongono, rispettivamente, il sig. Blanco e il sig. Fabretti all’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Roma – Ufficio Controlli (in prosieguo: l’«Agenzia») in merito ad avvisi di accertamento emessi nei loro confronti.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        La direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU L 309, pag. 15), stabilisce, all’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, lettera f), che essa si applica alle case da gioco.

 Il diritto italiano

4        L’articolo 67, paragrafo 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917, del 22 dicembre 1986, recante approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 31 dicembre 1986), nel testo in vigore alla data dei fatti di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: il «DPR 917/86»), considera quali redditi diversi, come tali facenti parte della base imponibile dell’imposta sul reddito, «le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico ed i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte».

5        L’articolo 69, paragrafo 1, di detto decreto precisa che i premi e le vincite di cui al precedente articolo 67, paragrafo 1, lettera d), «costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo d’imposta, senza alcuna deduzione».

6        L’articolo 30, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600, del 29 settembre 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi (supplemento ordinario alla GURI n. 268, del 16 ottobre 1973), dispone quanto segue:

«(…) le vincite derivanti dalla sorte, da giuochi di abilità, quelli derivanti da concorsi a premio, da pronostici e da scommesse, corrisposti dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche o private e dai soggetti indicati nel primo comma dell’articolo 23, sono soggetti a una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, con facoltà di rivalsa, con esclusione dei casi in cui altre disposizioni già prevedano l’applicazione di ritenute alla fonte. Le ritenute alla fonte non si applicano se il valore complessivo dei premi (…) non supera l’importo di lire 50 000 [EUR 25,82]; se il detto valore è superiore al citato limite, lo stesso è assoggettato interamente a ritenuta».

7        Tuttavia, tale disposizione non si applica alle vincite corrisposte da case da gioco italiane, in quanto, a norma dell’articolo 30, settimo comma, di detto decreto, la ritenuta sulle vincite versate da tali stabilimenti è compresa nell’imposta sugli spettacoli, divenuta l’imposta sugli intrattenimenti, introdotta dal decreto legislativo n. 60, del 26 febbraio 1999 (GURI n. 59, del 12 marzo 1999, pag. 5).

8        Inoltre, a norma dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 640, del 26 ottobre 1972, recante «Imposta sugli spettacoli» (supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972), come modificato dal decreto legislativo n. 60, del 26 febbraio 1999, le case da gioco tenute al pagamento dell’imposta sugli intrattenimenti sono escluse dall’obbligo di rivalsa dell’imposta nei confronti degli spettatori, dei partecipanti e degli scommettitori. La base imponibile di tale imposta è costituita dall’importo dei titoli di accesso venduti al pubblico, dalla differenza attiva giornaliera tra le somme incassate per il gioco e quelle versate ai giocatori per le vincite, nonché da qualsiasi altro introito connesso all’esercizio del gioco.

 Procedimenti principali e questione pregiudiziale

 La causa C‑344/13

9        Il 1° dicembre 2011 l’Agenzia ha notificato al sig. Blanco tre avvisi di accertamento, con i quali gli ha contestato l’omessa dichiarazione dei redditi per gli anni di imposta 2007, 2008 e 2009, nonché l’omessa dichiarazione, nel 2007, della somma di EUR 410 227, nel 2008, della somma di EUR 25 969 e, nel 2009, della somma di EUR 46 028, corrispondenti a vincite ottenute in case da gioco situate sia in altri Stati membri sia in Stati terzi. L’Agenzia sostiene che tali somme avrebbero dovuto essere incluse nel reddito imponibile del sig. Blanco, in quanto costituenti «redditi diversi», ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 1, lettera d), del DPR 917/86. Di conseguenza, il sig. Blanco ha ricevuto un’intimazione a pagare EUR 488 703,16 per l’anno di imposta 2007, EUR 23 919,86 per l’anno di imposta 2008 ed EUR 41 291,89 per l’anno di imposta 2009, a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, di maggiorazioni d’imposta e di sanzioni.

10      Il sig. Blanco ha proposto vari ricorsi contro i suddetti avvisi di accertamento. Tali ricorsi sono stati riuniti per motivi di connessione oggettiva e soggettiva. Egli afferma, da un lato, che le informazioni sulle quali si fonda l’Agenzia dovrebbero essere prese con cautela in quanto provengono da un sito Internet che riporta soltanto gli importi lordi delle vincite e non tiene conto di un certo numero di elementi che riducono queste ultime, quali la pratica dello «stacking», le perdite e le spese sostenute. Dall’altro lato, egli afferma che gli avvisi di accertamento violano, in particolare, il principio del divieto di doppia imposizione sancito dalle convenzioni internazionali con riferimento all’articolo 2 del Modello di convenzione fiscale sui redditi e sul patrimonio elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il principio della libera prestazione dei servizi previsto dall’articolo 56 TFUE ed il principio di non discriminazione sancito dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dagli articoli 18 e 49 TFUE. Il sig. Blanco sostiene che nei suoi confronti viene applicato un trattamento discriminatorio, per il fatto che le vincite realizzate in Italia sarebbero esentate dagli obblighi dichiarativi e non soggiacerebbero all’imposta sul reddito, essendo sottoposte, alla fonte, all’imposta sostitutiva sugli intrattenimenti, e che le vincite realizzate in altri Stati, essendo già state tassate alla fonte in questi ultimi, non dovrebbero essere assoggettate ad imposizione in Italia.

11      In tale contesto, il sig. Blanco fa riferimento alla causa – che egli definisce simile – che ha costituito l’oggetto della sentenza Lindman (C‑42/02, EU:C:2003:613), nella quale la Corte ha statuito che l’articolo 49 CE osta alla normativa di uno Stato membro secondo cui le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati in altri Stati membri sono considerate come un reddito assoggettabile all’imposta sul reddito, mentre le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati nello Stato membro di cui trattasi non sono imponibili. Egli ritiene che il giudice del rinvio debba disapplicare la normativa nazionale in ragione del suo carattere discriminatorio derivante, in particolare, dalla sua contrarietà all’articolo 56 TFUE.

12      L’Agenzia contesta la fondatezza dei ricorsi proposti e ne chiede il rigetto. Essa ritiene di aver agito conformemente alla normativa in vigore e fa riferimento, in via generale, all’esposizione più dettagliata contenuta nell’avviso di accertamento, nel quale essa ha indicato che, per gli anni di imposta considerati, il ricorrente aveva omesso di effettuare la dichiarazione dei redditi.

13      Il giudice del rinvio respinge il motivo relativo alla doppia imposizione, affermando che occorre distinguere l’imposta che deve pagare la casa da gioco e quella dovuta dal vincitore. Infatti, le contribuzioni fiscali versate dalla casa da gioco e dal vincitore sarebbero percepite sulla base di atti impositivi differenti.

14      Pur ammettendo che esiste una differenza di trattamento fiscale a seconda che le vincite di gioco siano state ottenute in Italia o in un altro Stato membro, detto giudice ritiene che tale diversità di trattamento costituirebbe una discriminazione vietata soltanto in assenza di ragioni che consentano di giustificarla.

15      Il giudice del rinvio afferma che, sulla base della giurisprudenza della Corte, tale diversità di trattamento potrebbe essere considerata giustificata qualora rientrasse in una disposizione derogatoria espressa, come l’articolo 52 TFUE cui l’articolo 62 TFUE rinvia, e fosse intesa a garantire l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica, restando conforme al principio di proporzionalità e garantendo effettivamente la realizzazione dell’obiettivo addotto in modo coerente e sistematico.

16      Secondo il giudice del rinvio, la normativa italiana mirerebbe non tanto a proteggere le case da gioco nazionali, quanto a scoraggiare le pratiche del riciclaggio e dell’autoriciclaggio di capitali all’estero, nonché a limitare le fughe all’estero o le introduzioni in Italia di capitali privi di origini controllabili.

17      Detto giudice nazionale ritiene che sia necessario che la Corte proceda ad una valutazione precisa delle motivazioni che hanno portato il legislatore nazionale all’adozione di una normativa siffatta, e che il governo italiano possa essere in grado di esporre le ragioni per le quali ha deciso di assoggettare ad imposta i proventi del gioco d’azzardo conseguiti all’estero.

18      In tale contesto, la Commissione tributaria provinciale di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’assoggettamento ad obblighi dichiarativi ed impositivi a fini fiscali delle vincite conseguite presso case da gioco di Paesi membri dell’Unione europea da persone residenti in Italia, come previsto dall’articolo 67, [paragrafo 1], lettera d), del [DPR 917/86], si ponga in contrasto con l’articolo [56 TFUE], oppure se sia da ritenersi giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, ai sensi dell’articolo [52 TFUE]».

 La causa C‑367/13

19      Il 6 dicembre 2011 l’Agenzia ha notificato al sig. Fabretti un avviso di accertamento per l’anno 2009, chiedendogli di pagare la somma di EUR 45 327,48 per aver omesso di dichiarare la somma di EUR 52 000 che avrebbe guadagnato giocando a poker in un casinò situato in un altro Stato membro.

20      Il sig. Fabretti contesta, per motivi identici a quelli addotti dal sig. Blanco, il suddetto avviso di accertamento ed ha presentato un ricorso avverso quest’ultimo. L’Agenzia eccepisce nei suoi confronti argomenti simili a quelli fatti valere contro il sig. Blanco.

21      La Commissione tributaria provinciale di Roma giustifica la necessità di un rinvio pregiudiziale in termini analoghi a quelli impiegati nella sua prima decisione all’origine della causa C‑344/13. Essa ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale identica a quella formulata nell’altro procedimento.

22      Con decisione del presidente della Corte dell’11 luglio 2013, le cause C‑344/13 e C‑367/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulla questione pregiudiziale

23      Con la sua questione unica, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 52 e 56 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro in virtù della quale le vincite da giochi d’azzardo conseguite nelle case da gioco situate nel suo territorio nazionale non sono assoggettate all’imposta sul reddito, mentre quelle realizzate in altri Stati membri lo sono, e se eventuali motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica consentano di giustificare una siffatta diversità di trattamento.

24      In limine, occorre precisare che, sebbene la materia delle imposte dirette rientri nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono però esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Lindman, EU:C:2003:613, punto 18 e la giurisprudenza ivi citata).

25      In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede se la normativa nazionale in questione nei procedimenti principali costituisca una restrizione della libera prestazione dei servizi.

26      A questo proposito, occorre ricordare che la libera prestazione dei servizi prevista dall’articolo 56 TFUE esige non soltanto l’eliminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di qualsiasi discriminazione fondata sulla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione – ancorché applicabile indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri – quando è idonea a vietare, a ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, dove egli fornisce legittimamente servizi analoghi (v., in particolare, sentenza Dirextra Alta Formazione, C‑523/12, EU:C:2013:831, punto 21 e la giurisprudenza ivi citata).

27      Le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera prestazione dei servizi si applicano, come la Corte ha già statuito, ad un’attività che consista nel permettere agli utilizzatori di partecipare, dietro corrispettivo, a un gioco d’azzardo (sentenza Zenatti, C‑67/98, EU:C:1999:514, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, della libertà di prestazione dei servizi beneficiano tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, C‑42/07, EU:C:2009:519, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

28      Nei procedimenti principali, risulta dalle constatazioni del giudice del rinvio nonché dalle osservazioni del governo italiano che la normativa nazionale assoggetta le vincite realizzate in case da gioco situate in Italia ad un’imposizione alla fonte che consiste nel tassare tali stabilimenti. Più precisamente, le vincite conseguite nelle case da gioco nazionali costituiscono l’oggetto di una ritenuta calcolata in base alla differenza tra le somme incassate per i giochi e quelle versate ai giocatori per le vincite realizzate. Il governo italiano precisa che le vincite ottenute in case da gioco situate in Italia sono esonerate dall’imposta sul reddito al fine di evitare una doppia imposizione sulle medesime somme, ossia a monte, in capo alla casa da gioco, e a valle, in capo al giocatore.

29      Per contro, le vincite da giochi d’azzardo conseguite in case da gioco stabilite all’estero sono considerate come redditi. Questi redditi devono essere inseriti nella corrispondente dichiarazione ed essere dunque assoggettati all’imposta sul reddito.

30      Pertanto, questa normativa nazionale, riservando il beneficio di un’esenzione dall’imposta sul reddito alle sole vincite al gioco realizzate nello Stato membro interessato, assoggetta la prestazione di servizi costituita dall’organizzazione, dietro corrispettivo, di giochi d’azzardo ad un regime fiscale differente a seconda che essa venga svolta nello Stato suddetto oppure in altri Stati membri (v., in tal senso, sentenza Laboratoires Fournier, C‑39/04, EU:C:2005:161, punto 15 e la giurisprudenza ivi citata).

31      Inoltre, come rilevato dai ricorrenti dei procedimenti principali e dalla Commissione europea, una differenza di trattamento fiscale, per effetto della quale soltanto le vincite al gioco conseguite in un altro Stato membro sono considerate redditi assoggettati ad imposizione, riduce l’attrattività di uno spostamento in un altro Stato membro allo scopo di giocare a giochi d’azzardo. Infatti, i destinatari dei servizi in questione che risiedono nello Stato membro in cui vige una siffatta differenza di trattamento sono dissuasi dal partecipare a giochi del genere i cui organizzatori siano stabiliti in altri Stati membri, in considerazione dell’importanza che riveste per loro la possibilità di ottenere delle esenzioni fiscali (v., per analogia, sentenze Vestergaard, C‑55/98, EU:C:1999:533, punto 21, nonché Commissione/Danimarca, C‑150/04, EU:C:2007:69, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata).

32      Il fatto che i prestatori di giochi stabiliti in tale Stato membro siano assoggettati all’imposta in quanto organizzatori di giochi d’azzardo non priva la normativa in esame nei procedimenti principali del suo carattere manifestamente discriminatorio, dal momento che, come rilevato dal giudice del rinvio, detta imposta non è analoga all’imposta sul reddito che colpisce le vincite provenienti dalla partecipazione dei contribuenti ai giochi d’azzardo organizzati in altri Stati membri (v., in tal senso, sentenza Lindman, EU:C:2003:613, punto 22).

33      Pertanto, una normativa nazionale come quella in esame nei procedimenti principali genera una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi, quale garantita dall’articolo 56 TFUE, nei confronti non soltanto dei prestatori ma anche dei destinatari di tali servizi.

34      In secondo luogo, occorre verificare se tale restrizione discriminatoria possa essere giustificata.

35      Il giudice del rinvio e il governo italiano fanno osservare come la normativa nazionale in esame nei procedimenti principali abbia l’obiettivo di prevenire il riciclaggio e l’autoriciclaggio di capitali all’estero, nonché di limitare le fughe all’estero o le introduzioni in Italia di capitali di origine particolarmente incerta.

36      Come rilevato da detto governo, la Corte ha ripetutamente statuito che la disciplina dei giochi d’azzardo rientra tra i settori in cui sussistono tra gli Stati membri notevoli divergenze di ordine morale, religioso e culturale. In assenza di un’armonizzazione in tale materia a livello dell’Unione, spetta al singolo Stato membro valutare, nei settori suddetti, alla luce della propria scala dei valori, le esigenze che la tutela degli interessi implicati comporta (v., in particolare, sentenze Stanleybet International e a., C‑186/11 e C‑209/11, EU:C:2013:33, punto 24, nonché Digibet e Albers, C‑156/13, EU:C:2014:1756, punto 24).

37      Tuttavia, se è vero che la Corte ha già individuato un certo numero di motivi imperativi di interesse generale – quali la protezione dei consumatori, la lotta alle frodi e la prevenzione dei problemi sociali collegati al gioco – che possono essere invocati per giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi, detti obiettivi non possono però essere invocati per giustificare restrizioni applicate in maniera discriminatoria (sentenza Commissione/Spagna, C‑153/08, EU:C:2009:618, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

38      Infatti, una restrizione discriminatoria è compatibile con il diritto dell’Unione soltanto qualora ricada sotto le previsioni di un’espressa norma derogatoria, come l’articolo 52 TFUE, cui l’articolo 62 TFUE rinvia, e che mira a garantire l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica (v. in tal senso, in particolare, sentenze Commissione/Germania, C‑546/07, EU:C:2010:25, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Dickinger e Ömer, C‑347/09, EU:C:2011:582, punto 79).

39      Di conseguenza, una normativa nazionale come quella in esame nei procedimenti principali può essere giustificata soltanto nella misura in cui persegua obiettivi corrispondenti ai motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica di cui all’articolo 52 TFUE. Inoltre, occorre ricordare che le restrizioni imposte dagli Stati membri devono soddisfare i requisiti di proporzionalità. Così, una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato solo se effettivamente risponde all’intento di raggiungerlo in maniera coerente e sistematica (v., in tal senso, sentenze Engelmann, C‑64/08, EU:C:2010:506, punto 35, nonché Pfleger e a., C‑390/12, EU:C:2014:281, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

40      L’identificazione degli obiettivi effettivamente perseguiti dalla normativa nazionale rientra, nell’ambito di una causa sottoposta alla Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, nella competenza del giudice del rinvio. Oltre a ciò, al giudice del rinvio spetta anche verificare, tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Corte, se le restrizioni imposte dallo Stato membro interessato soddisfino le prescrizioni risultanti dalla giurisprudenza della Corte per quanto attiene alla loro proporzionalità (v., in tal senso, sentenza Pfleger e a., EU:C:2014:281, punti 47 e 48 nonché la giurisprudenza ivi citata).

41      Per quanto riguarda, prima di tutto, gli obiettivi invocati dal governo italiano, relativi alla prevenzione del riciclaggio di capitali e alla necessità di limitare le fughe all’estero o le introduzioni in Italia di capitali di origine incerta, e senza che occorra stabilire se tali obiettivi siano suscettibili di ricadere nella nozione di ordine pubblico, è sufficiente constatare, anzitutto, che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, le autorità di uno Stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, EU:C:2009:618, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

42      Poi, occorre rilevare che, come evidenziato dalla Commissione europea, il governo italiano non fornisce la prova del fatto che, quand’anche raggiungano importi elevati, i proventi della criminalità organizzata in Italia siano stati realizzati integralmente o prevalentemente all’estero.

43      Per giunta, il fatto di escludere, in via generale, il beneficio di un’esenzione fiscale risulta sproporzionato, in quanto va al di là di quanto è necessario per lottare contro il riciclaggio di capitali, essendovi a tal fine altri mezzi a disposizione degli Stati membri, come la direttiva 2005/60, che mira a lottare contro il riciclaggio dei proventi di attività criminose e che si applica alle case da gioco ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, punto 3, lettera f).

44      Infine, non si può escludere che la lotta contro la ludopatia rientri nella tutela della sanità pubblica (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, EU:C:2009:618, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata) e possa, a tale titolo, giustificare una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi.

45      Infatti, come osservato dal governo belga, la Corte ha ripetutamente riconosciuto il carattere particolare del settore dei giochi d’azzardo, sottolineando al riguardo che – a differenza di quanto accadrebbe per un mercato tradizionale – l’introduzione di una concorrenza libera e non falsata in questo mercato molto specifico, ossia tra più operatori che siano autorizzati a gestire gli stessi giochi d’azzardo, potrebbe comportare un effetto pregiudizievole, legato al fatto che tali operatori sarebbero indotti a competere sul piano dell’inventiva per rendere la loro offerta più attraente di quella dei loro concorrenti, con conseguente aumento delle spese dei consumatori connesse al gioco nonché dei rischi di dipendenza di questi ultimi (v., in particolare, sentenze Pfleger e a., EU:C:2014:281, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Digibet e Albers, EU:C:2014:1756, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

46      Tuttavia, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, l’assoggettamento ad imposta, da parte di uno Stato membro, delle vincite provenienti da case da gioco situate in altri Stati membri e l’esenzione di vincite siffatte provenienti dalle case da gioco situate nel territorio di detto Stato non sono idonei a garantire in maniera coerente la realizzazione dell’obiettivo della lotta contro la ludopatia, dato che una simile esenzione può incoraggiare i consumatori a partecipare ai giochi d’azzardo, permettendo loro di beneficiare di questa esenzione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna, EU:C:2009:618, punto 41).

47      Ne consegue che la discriminazione in esame nei procedimenti principali non è giustificata ai sensi dell’articolo 52 TFUE.

48      Pertanto, alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dichiarando che gli articoli 52 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, la quale assoggetti all’imposta sul reddito le vincite da giochi d’azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, ed esoneri invece dall’imposta suddetta redditi simili allorché provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale di tale Stato.

 Sulle spese

49      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Gli articoli 52 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, la quale assoggetti all’imposta sul reddito le vincite da giochi d’azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, ed esoneri invece dall’imposta suddetta redditi simili allorché provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale di tale Stato.