Magglingen, Turri (relatore) illustra le pene e le sanzioni per chi lucra con le scommesse illegali

“Gli articoli da 3 a 5 introducono disposizioni di adeguamento dell’ordinamento nazionale alle previsioni della Convenzione” lo ha detto ieri Roberto Turri (Lega), relatore per la II Commissione, intervenendo nel corso dei lavori delle Commissioni Affari Comunitari e Giustizia della Camera, sulla Convenzione di Magglingen contro il match-fixing, e sul disegno di legge per recepirla. “Si tratta di limitati interventi relativi a: l’individuazione dell’autorità nazionale competente per la regolamentazione delle scommesse sportive, in attuazione dell’articolo 9 della Convenzione (articolo 3); la previsione della confisca penale obbligatoria, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo di delitti di frode in competizioni sportive o di esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, in attuazione dell’articolo 25 della Convenzione (articolo 4)”.

Affrontando i profili che necessitano di adeguamento, “l’articolo 3 del disegno di legge dà attuazione nel nostro ordinamento all’articolo 9 della Convenzione, che invita gli Stati a identificare una autorità responsabile per la regolamentazione delle scommesse sportive e per l’applicazione di misure di contrasto delle manipolazioni delle competizioni. L’autorità competente viene individuata dal legislatore nell’Agenzia delle dogane e dei monopoli”. Turri ha ricordato che l’Agenzia, “in veste di amministrazione dei monopoli, è garante della legalità e della sicurezza in materia di gioco. In particolare, provvede alla verifica della regolarità del comportamento degli operatori e al contrasto dei fenomeni di gioco illegale”.

Perr quanto riguarda le sanzioni, “l’articolo 4 dà invece attuazione all’articolo 25 della Convenzione, che richiede agli Stati Parte di adottare le misure legislative necessarie a consentire il sequestro e la confisca di beni, dei documenti e degli strumenti utilizzati per commettere i reati o dei profitti dei reati, anche attraverso l’aggressione a beni di valore equivalente a tali profitti. A tal fine, il disegno di legge disciplina la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. Con l’inserimento nella legge n. 401 del 1989 di un nuovo articolo 5-bis, il provvedimento prevede che in caso di condanna (o patteggiamento) per uno dei delitti previsti dalla legge (frode in competizioni sportive e altri delitti di esercizio abusivo di giochi o scommesse), il giudice debba ordinare la confisca penale e, se questa non è possibile, ordinare la confisca di beni, di valore equivalente a quelli che costituiscono il prodotto del reato e di cui il reo ha la disponibilità anche indirettamente o per interposta persona. È prevista l’applicazione dell’articolo 322-ter, terzo comma, del secondo comma del codice penale, a norma del quale spetta al giudice, nella sentenza di condanna, determinare le somme di denaro o individuare i beni assoggettati a confisca. L’articolo 5 introduce nel decreto legislativo n. 231 del 2001 la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati di frode in competizioni sportive e di esercizio abusivo di giochi e scommesse, dando così attuazione all’articolo 23 della Convenzione. In particolare, il disegno di legge inserisce un nuovo articolo 25-quaterdecies nel catalogo dei reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, prevedendo specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei reati di frode nelle competizioni sportive e di scommesse illecite (artt.1e4 della legge n. 401 del 1989). La riforma prevede che: in caso di commissione di delitti, all’ente si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma corrispondente a massimo 500 quote; in caso di contravvenzioni, all’ente si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma corrispondente a massimo 260 quote. Inoltre, il comma 2 dell’articolo 5 prevede, per la sola condanna relativa a delitti, l’applicazione delle sanzioni interdittive per l’ente previste dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 231 del 2001 (interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi), per una durata non inferiore a un anno”. lp/AGIMEG