UK, scontro con Gibilterra per la tassa sul gioco online

La tassa del 15% a cui la Gran Bretagna intende assoggettare i propri cittadini che giocano su siti esteri “è contraria alla logica del commercio elettronico”. A promettere battaglia è d Phill Brear, direttore dell’ente regolatore di Gibilterra. La proposta avanzata dal premier inglese – che dovrebbe entrare in vigore a fine 2014 con l’obiettivo di equiparare il gioco online a quello in agenzia e porre una sorta di controllo all’e-gaming – rischia di creare una lunga querelle con Gibilterra che nel corso degli anni ha offerto asilo fiscale ai maggiori bookmaker inglesi, a iniziare da William Hill, Ladbrokes, e Betfair (solo quest’ultimo ha confessato che il cambio di sede gli ha consentito di risparmiare 20 milioni di sterline di tasse l’anno). La tassa rischia infatti di compromettere un’industria che a Gibilterra è cresciuta fiorente, grazie in particolare proprio a un’aliquota dell’1%. Come ha ammesso lo stesso Brear, il gioco online della Rocca deve il 60% del proprio fatturato proprio in Gran Bretagna. Il gioco online rappresenta il 15% del Pil di Gibilterra, e offre lavoro a 2.500 dei 30mila residenti. Gli operatori, da parte loro, stanno raccogliendo fondi per finanziare una battaglia legale, che intendono far arrivare alla Corte di Giustizia: un simile regime fiscale – asseriscono – è contrario al diritto comunitario. Ma Steve Buchanan, che dirige la sede di Ladbrokes a Gibilterra, puntualizza che anche se la Gran Bretagna adottasse la tassa, la Rocca garantirebbe comunque ulteriori vantaggi, a iniziare dalla mancata applicazione dell’IVA sulle attività di marketing, e su altre operazioni essenziali per il gioco online. IL Governo inglese intanto spiega che la tassa servirà a monitorare le possibili infiltrazioni criminali nel settore. Philip Graf, direttore della Gambling Commission, sottolinea che l’ente regolatore ha scarsissimi poteri sul gioco online, dal momento che è sottoposto al suo controllo meno del 20% del mercato.  rg/AGIMEG