Gioco online, Jesper Svensson (Ceo di Betsson Group) ad Agimeg: “Divieto di pubblicità non è soluzione adeguata per tutelare i giocatori. Necessaria una regolamentazione pan-europea”

Dal divieto di pubblicità in Italia alla nuova regolamentazione sul gioco online maltese, dalla protezione del giocatore alle proposte di semplificare i processi operativi attraverso una regolamentazione pan-europea. Sono alcuni dei temi toccati da Jesper Svensson (Ceo di Betsson Group) in un’intervista esclusiva ad Agimeg, a margine del Sigma di Malta.
A Malta è appena entrata in vigore la nuova regolamentazione sul gioco online e sembra che tutti gli operatori siate soddisfatti.
Sì, assolutamente. Penso che sia una buona regolamentazione. Anche perché semplifica molto l’organizzazione e la burocrazia. Credo che il vantaggio della Mga sia di avere imparato a conoscere le aziende del gaming perché molte sono qui ormai da tanti anni. C’è un ottimo dialogo. La normativa che è entrata in vigore adesso credo che crei dei vantaggi per gli operatori, ma anche per i giocatori. Le misure di tutela del giocatore sono state aumentate. E questo è stato accolto molto bene dalle aziende perché il settore sta maturando. E regole più rigide per salvaguardare il giocatore sono considerate un vantaggio per gli operatori.
Quali sono queste misure di tutela?
Per esempio, siamo tenuti a valutare i rischi di dipendenza intervenendo preventivamente. Per questo dobbiamo utilizzare dei sistemi detti “predittivi”, che segnalano i comportamenti a rischio e consentono di intervenire prima che un giocatore arrivi ad avere dei problemi.
Queste azioni preventive vengono fatte con dei software specifici? Quindi, si tratta di sistemi tecnologici?
Sì, è tutto basato su tecnologie evolute. Ma il prossimo gennaio ci sarà un’altra novità per noi, perché entrerà in vigore la regolamentazione svedese. Che prevede un’ulteriore misura restrittiva per noi svedesi. Si tratta di un registro dei giocatori problematici i quali potranno escludersi dal gioco. Insomma, l’industria sta andando in questa direzione: quella di difendere il giocatore.
Ma se vediamo i costi aumentare e le regole sempre più restrittive, oltre al fatto che dovete comunque avere una licenza svedese, è ancora interessante avere sede a Malta?
Sì, non ci sono dubbi. Quello che succede con la regolamentazione svedese è che noi inizieremo a pagare in Svezia le tasse sui nostri ricavi ottenuti con i giocatori svedesi, anziché qui a Malta. Ma noi siamo un gruppo internazionale e abbiamo licenze in 11 diversi Paesi, compresa la Svezia, e il nostro quartier generale rimane a Malta perché qui ci sono molti talenti per il gaming. Persone che sono utili per lavorare nel nostro settore.
Come giudicate la regolamentazione che sta per entrare in vigore in Svezia?
Non è facile rispondere. Al momento ci sono ancora molti dubbi sulla regolamentazione svedese e dovremo capire come sarà applicata in alcuni aspetti. Quella di Malta è più chiara perché hanno regolamentato da molto più tempo.
Vuol dire che una cosa sono le leggi scritte un’altra il modo di applicarle?
Sì, e poi bisogna vedere cosa succede quando le regole scritte vengono applicate. Naturalmente, ci sono molti punti in comune. Io penso che comunque noi, come operatore, dobbiamo affrontare problemi quotidiani avendo a che fare con 11 diverse giurisdizioni che hanno tantissime differenze e per semplificare i processi operativi sarebbe davvero necessaria una regolamentazione pan-europea. Ma la situazione attuale è questa e le sfide maggiori che devono affrontare ogni giorno gli operatori presenti in più Paesi è quella di soddisfare i requisiti tecnici. Perché una volta che hai sviluppato una piattaforma di gioco con caratteristiche specifiche per un certo mercato, si devono mettere al lavoro i tecnici per modificarla in modo da renderla conforme alle norme di una singola giurisdizione.
I requisiti tecnici in Svezia sono almeno simili a quelli richiesti da Malta, visto che sono arrivati dopo?
Purtroppo no. Solo alcuni aspetti coincidono ma ce ne sono altri che sono molto diversi. Tanto più che noi operiamo con diversi brand.
La legge svedese è più simile a quella maltese o a quella italiana?
Non conosco la normativa italiana approfonditamente, ma posso dire che ci sono più punti in comune con quella maltese. Specialmente dopo quello che sta succedendo in Italia, come il divieto totale di pubblicità che è stato appena introdotto.
A proposito di questo divieto, pensa che modificherà il vostro modello di business e le vostre strategie di marketing?
Penso di sì, dovranno cambiare alcune cose. Non è facile prevedere cosa cambierà a breve e a medio termine, ma sicuramente sarà tutto più difficile per gli operatori. Credo che comunque non sia una soluzione adeguata. Ci sono altri metodi più efficaci per tutelare i giocatori. In questo momento penso che molte aziende editoriali perderanno una buona parte dei loro introiti.
Questo significa che le società come la vostra risparmieranno, no?
Certo, ma l’impatto maggiore sarà sui media più che sugli operatori di gioco.
Non pensa che questo divieto possa favorire gli operatori “.com”? Quelli che non hanno concessione italiana, ma con i quali molti italiani continuano a  giocare?
Non si può generalizzare, ma il rischio che i giocatori preferiscano operatori non autorizzati mi sembra concreto. E questo non è una cosa buona per nessuno.
Voi non pensate di rinunciare alla concessione italiana?
No, penso però che con queste misure ci sia il rischio che i giocatori passino a operatori senza concessione italiana.
Betsson è un’azienda svedese ma ha scelto Malta per la propria sede operativa, come hanno fatto tanti altri operatori di gioco. Ultimamente, hanno iniziato a lamentare che i prezzi degli immobili sono cresciuti un po’ troppo. E questa voce incide sui loro bilanci.
Certamente, l’industria del gaming è un’industria molto forte qui. Ma è tutta l’economia di Malta che cresce in modo fantastico. Le infrastrutture adesso si devono adeguare per mantenere questo successo che lo scorso anno ha provocato un aumento significativo degli affitti nelle zone più richieste. Ma questo fenomeno provoca anche altri problemi. Le società che trasferiscono i loro uffici a Malta portano anche i dipendenti e le loro famiglie, così si pone un problema di scuole per i loro figli. Non parliamo del traffico, che è ormai un problema davvero pesante per gli spostamenti all’interno dell’isola. gpm/AGIMEG