Dalle blacklist, al blocco dei pagamenti, alla pubblicità. L’UE studia come gli Stati contrastano il gioco illegale

Anche se sembra tramontata qualunque ipotesi di una regolamentazione comune sul gioco, o quantomeno di una normativa quadro, l’Europa continua a tenere sotto controllo il settore. La Commissione ha infatti interpellato gli enti regolatori degli Stati Membri sul contrasto all’offerta illegale, e ha raccolto le esperienze nel report “Strumenti normativi per attuare la disciplina sul gioco online”.

Black list dei siti vietati

Ben 18 dei Paesi UE o dello Spazio Economico Europeo hanno adottato strumenti per impedire l’accesso ai siti di gioco non autorizzati. L’Italia in questo è il capostipite – e anche il Paese con la black list più estesa, comprende ben il 63% dei siti di gioco illegali (oltre 7mila domini). Seguono poi la Grecia (2.700 domini) e la Polonia (circa 2.400). I paesi UE hanno comunque avviato una solida collaborazione, e si scambiano informazioni sugli operatori illegali.
Gli altri Paesi non hanno oscurato i siti per una serie di motivi, alcuni ritengono la misura inefficace, altri non dispongono dei poteri necessari, altri ancora giudicano la misura inappropriata o controversa.
Nella maggior parte dei casi, gli operatori oscurati non hanno mai contestato il provvedimento con azioni legali o iniziative politiche. Le uniche eccezioni ci sono state in Ungheria e nella Repubblica Ceca, in quest’ultimo caso la questione è anche finita di fronte alla Corte Costituzionale, che però ha giudicato legittima la pratica.

La pratica dell’oscuramento è in realtà facilmente aggirabile, ma secondo gli enti regolatori ha comunque dei vantaggi. Il primo è quello di avvisare gli tenti che esistono dei siti di gioco non autorizzati e quindi non sottoposti al controllo delle autorità locali. Inoltre, gli enti regolatori controllano il traffico di dati e riescono a prevenire alcune attività illegali: a volte è lo stesso giocatore che si inibisce e torna sui propri passi. L’oscuramento non ha alcuna efficacia quando si ha a che fare con App di gioco scaricate dalle piattaforme. Gli enti regolatori in molti casi però hanno contattato le maggiori piattaforme e hanno avviato una proficua collaborazione ottenendo che le App venissero rimosse

Blocco dei pagamenti

Gli Stati membri hanno invece dimostrato una minore fiducia nel blocco dei pagamenti, l’altro strumento invocato per paralizzare l’offerta illegale. In questo caso, 12 paesi su 23 hanno adottato una disciplina in materia, ma sono solamente 7 quelli che ricorrono a questo strumento in maniera sistematica. Da un lato non è facile coprire tutti gli strumenti di pagamento, e tutte i soggetti che effettuano i trasferimenti di denaro. Dall’altro è difficile individuare quali transazioni vietare, e c’è sia il rischio di non fermare dei pagamenti illeciti, sia quello di fermare transazioni legali. La Commissione Europea, poi, sottolinea che in quest’ambito la maggior parte degli enti regolatori opera in solitudine, sarebbe quindi necessaria maggiore cooperazione.

Pubblicità

Il report si sofferma anche sulla pubblicità del gioco, e sottolinea che vietare la pubblicità degli operatori illegali è uno degli strumenti più efficaci per contrastare la loro offerta. Lo scoglio maggiore è però quello di superare i confini nazionali, sorgono problemi di giurisdizione quando l’operatore di gioco o chi trasmette la pubblicità risiedono all’estero. E poi, ci sono i social media e i siti web: solo il 21% dei Paesi UE ritiene di avere le competenze per chiedere di rimuovere queste pubblicità. Polonia e Gran Bretagna si sono dimostrati i più attivi in questo caso. Un Paese su 4 però ha stretto degli accordi informali, o comunque ha avvita una trattativa, con chi gestisce i social. Poca collaborazione tra i vari Paesi UE su questo fronte, solo il 16% degli Stati scambia abitualmente informazioni, mentre il 42% lo fa occasionalmente. Il che vuol dire che un altro 42% non lo ha mai fatto. Per la Commissione, una maggior cooperazione in questo ambito consentirebbe di ottenere maggiori risultati, quantomeno nella regolamentazione dei social media.

La Commissione ha effettuato in particolare uno studio sugli Influencer di Twitter. Su questa piattaforma è difficile distinguere la pubblicità dai contenuti veri e propri, e i rapporti commerciali sono spesso opachi. Gli influencer dovrebbero essere obbligati a segnalare quali messaggi hanno uno scopo pubblicitario.

Sanzioni

“Le sanzioni non devono essere viste come un prezzo normale per proseguire la propria attività, ma uno strumento che porti a cambiare atteggiamento”. Lo dice la Commissione, sopo aver sottolineato che le sanzioni applicati nei diversi paesi UE vanno da qualche decina di migliaia di euro, a diversi milioni. In alcuni Paesi, l’offerta illegale di giochi viene anche sanzionata o punita come reato, ma c’è anche chi – l’Ente regolatore chiede di rimanere anonimo – auspica che il diritto penale venga usato con parsimonia, e che in sostanza si cerchi di distinguere i buoni, quelli che comunque rispettano le regole, dai cattivi, che invece pensano solo al business e al modo migliore per aggirare le regole. La Commissione in questo auspica che ogni Stato Membro adotti un ventaglio ampio di sanzioni, che includa anche le sanzioni informali come le lettere di richiamo. Negli ordinamenti in cui questo strumento non è previsto, secondo Bruxelles dovrebbe essere introdotto. Ma ovviamente, il punto fondamentale è la cooperazione tra gli Stati membri, sia per dare attuazione alle sanzioni, sia per lo scambio di informazioni. rg/AGIMEG