STS. Non spariamo nel mucchio

Da più parti giungono sempre più insistenti le istanze volte a ridurre l’offerta di gioco tramite apparecchi da intrattenimento nell’ambito degli esercizi commerciali incluse le tabaccherie e le ricevitorie di giochi. Il pensiero è che con meno slot in giro, si riuscirebbe a prevenire e a combattere con maggior efficienza l’incalzare della ludopatia.

A parte il fatto che circa l’estensione del fenomeno ludopatico vi sono opinioni discordanti – come riporta il Sindacato dei Totoricevitori sportivi – (chi sostiene abbia già raggiunto livelli epidemici, chi invece lo colloca ben al di sotto dello stato di allerta) osserviamo che chi abbraccia l’ipotesi della riduzione del numero delle newslot, non tiene conto di un elemento fondamentale.

 

E cioè che, tra i fattori determinanti la dipendenza dal gioco, il ruolo delle newslot o awp che dir si voglia presenti in larga scala nella rete delle tabaccherie – ricevitorie, è pressoché nullo.

Il perché è presto detto: il tabaccaio-ricevitore è un operatore professionale del gioco che lo esercita in virtù della licenza di polizia prevista dall’articolo 88 TULPS (il cui rilascio presuppone l’irreprensibilità del suo titolare); le macchine che installa sono vigilate e sicuramente in rete; per il sol fatto di avere la “T” esposta è soggetto a continui controlli impensabili in altre tipologie di esercizi.

Se ciò non bastasse, si consideri che l’ambiente della tabaccheria agisce nel senso di respingere eventuali germi patogeni: il giocatore di slot è circondato da gente che entra e esce, cosa che impedisce di finire ipnotizzati dalla macchina. Alla quale non si potrebbe comunque rimanere attaccati a lungo stante che la tabaccheria alle otto di sera chiude.

Questa descrizione non vi fa venire in mente niente? O vi porta, con un ovvio ragionamento a contrario, a considerare che il vero luogo di contagio della malattia è rappresentato dalla sale VLT dove, estraniati dalla realtà, ci si può rovinare in un’ora?

La conclusione di questi ragionamenti è semplice: piuttosto che continuare a sparare nel mucchio,  si formulino soluzioni sensate dirette a intervenire selettivamente negli ambiti del gioco maggiormente pericolosi per la salute pubblica.

Si provveda ad aiutare i Comuni a finanziare la tutela della salute rendendoli partecipi di parte delle entrate erariali derivanti dai giochi anziché riservare loro solo gli oneri della materia.
E si lasci lavorare chi – come noi – da sempre garantisce un approccio al gioco sano e moderato.

 

cd/AGIMEG