Germania, il mercato del gioco è un far west. Carta bianca agli illegali, mentre il Trattato non è applicato

Un Far West. Con questa immagine il professor Tilman Becker, a capo del centro ricerca sul gioco dell’Università di Hohenheim, ha descritto il mercato dei giochi tedesco. Per il professor Becker, infatti, nonostante il Trattato Federale sul gioco il mercato tedesco è di fatto privo di una vera e propria disciplina dal momento che non è stato creato un ente regolatore che amministri tutti e 16 i Land. Sulla base delle modifiche apportate al trattato federale nel luglio 2012, il Ministro dello Sport dell’Hesse è stato incaricato di mettere le licenze per gli operatori delle scommesse online. Il processo è stato avviato nell’agosto 2012, ma a causa di una serie di intoppi, ancora non è stato emesso un titolo. Intanto, secondo il quadro che ha dipinto Becker, gli operatori illegali hanno carta bianca. “La creazione di una commissione unica” ha detto nel corso di un meeting organizzato a inizio marzo, “è cruciale per l’implementazione del Trattato. Di fatto abbiamo 16 stati con 16 differenti normative, e ognuno aspetta che siano gli altri a andare avanti. Una Commissione unica – che si addossasse tutte le responsabilità – sarebbe l’unico soggetto in grado di sbloccare la situazione. LA normativa adottata con il Trattato non è di cattivo livello, ha il solo problema di non essere applicata”. Becker ha quindi sottolineato che “in Germania ci sono circa 12mila operatori illegali attivi che non hanno alcun timore di incorrere in sanzioni penali”. Una situazione che di fatto impedisce di perseguire obiettivi come la tutela dei giocatori più giovani: “Gli operatori senza licenza possono offrire giochi con payout elevati, attraendo i più giovani e i soggetti più a rischio. Becker ha quindi suggerito di effettuare controlli più severi, come già fanno diversi altri paesi europei; inoltre di adottare il divieto della pubblicità dei giochi, sulla scorta del modello francese, una black list dei siti di gioco inibiti, come quella belga. lp/AGIMEG