Eventi: Champions, Di Livio: “Juve matura per vincere anche in Europa”

Quasi 300 presenze in Serie A e 40 con la Nazionale, un pezzo di cuore rimasto a Torino, il “Soldatino” Di Livio parla a bwin.it della Juventus di oggi e delle sue tre finali di Champions League giocate coi bianconeri fra 1996 e 1998. Diciassette anni dopo il suo ritiro dal calcio, Angelo Di Livio si divide tra gli studi di Mediaset, dove fa l’opinionista, e gli allenamenti personali, ai quali dedica almeno un paio d’ore al giorno. Ex Juventus, Fiorentina e nazionale italiana, ricorda l’epoca in cui la squadra di Marcello Lippi la faceva da padrone paragonandola a quella di Allegri, oltre ad esternare una profonda ammirazione per gli stadi inglesi, dove è stato spesso protagonista di partite storiche.

La Juventus, impegnata nella finale di Champions a Cardiff, si candida a vincere il triplete. Come vedi questa squadra?

È una squadra solida, compatta, concreta, che da sei anni domina in Italia e ora è finalmente matura anche in Europa. Seguo sempre con molto affetto i bianconeri, così come la Fiorentina, dove ho giocato, ed anche la Roma, perché vivo nella capitale.

Nel caso in cui dovesse ottenere il triplete, credi che Allegri lascerebbe Torino?

Credo che nel caso in cui ottenga il triplete potrebbe effettivamente pensare di andare altrove per cercare altri stimoli e altre situazioni. Ma è un dubbio che scioglierà dopo la fine della partita.

E per quanto riguarda Bonucci? Credi che le sirene della Premier League possano tentarlo?

Onestamente credo che Bonucci resti a Torino, credo sia giusto che finisca la sua carriera alla Juve. È tutt’uno con il club ed è un difensore eccellente, che a me piacerebbe vedere giocare a centrocampo, vista la sua abilità nel passaggio e i suoi ottimi piedi.

Quali analogie trovi tra la tua Juventus e quella di oggi?

Come similitudini sicuramente il grande carattere che fa parte dello stile Juventus, entrambe le squadre hanno voglia di combattere e di onorare la maglia. Noi però abbiamo vinto anche in Europa (ride, nda), ma magari loro ci vendicano di quella finale persa contro il Real Madrid nel 1998. In realtà credo che noi in quegli anni abbiamo fatto molto, vincendo tre scudetti e disputando quattro finali europee.

Oggi chi indossa il ‘tuo’ numero 7 alla Juve è Juan Cuadrado. Che ne pensi di lui e in cosa vi somigliate?

Si tratta di uno degli esterni più forti d’Europa in questo momento. Devo ammettere che lui non è molto più forte di me, io forse ero più duttile, davo più equilibrio alla squadra e, senza voler essere presuntuoso, sapevo crossare meglio. Ma lui fa gol e assist, è fortissimo. E mi rivedo in lui per quanto riguarda il sacrificio e la copertura della fascia con dedizione.

Che importanza ha, invece, un calciatore di quantità come Sami Khedira nel gioco della Juventus?

In primis vorrei chiarire che Khedira non è solo un calciatore di quantità. Per me è un centrocampista completo, ha doti di inserimento, realizza giocate da trequartista e fa gol. Se durante l’anno sta bene è devastante ed ha molta esperienza. Servirà moltissimo alla Juve nella finale di Cardiff.

Marcello Lippi e Massimiliano Allegri, allenatori delle tue Juventus in questione, sono entrambi toscani. Chi scegli tra i due?

Per me è facile, scelgo Lippi tutta la vita! Con lui siamo cresciuti tutti e abbiamo fatto un grande lavoro, ma non si può non sottolineare i grandi progressi di Allegri.

Tanti tra i tuoi ex compagni (Conte, Inzaghi, Deschamps, Zidane) sono diventati allenatori importanti. Chi è il prossimo?

Massimo Carrera. Nessuno lo nota perché allena in Russia, ma quest’anno ha riportato lo Spartak Mosca sul tetto di Russia dopo sedici anni. È la riconferma che gli ex juventini vincono da tutte le parti. Vincere un campionato dopo tanto tempo non è semplice, Carrera ha imparato molto da Conte, e mi ha sorpreso ma non del tutto, perché conosco le sue qualità.

Che mi dici invece di Zinedine Zidane?

Come calciatore è stato il più forte con cui ho giocato. In allenamento a volte ti stuzzicava con dei giochetti e quasi dovevi intervenire con le cattive, ma giocava come pochi e si prendeva la squadra sulle spalle nei momenti difficili. Come allenatore, invece, ti confesso che mi ha sorpreso perché non mi aspettavo questo rendimento da parte del Real, eppure i risultati sono chiari e va riconosciuto il suo grande lavoro.

Con la Juve hai giocato tre finali consecutive di Champions League, la prima l’hai vinta e le altre due le hai perse. Quale ricordi come più dolorosa tra quella contro il Borussia Dortmund e quella contro il Real Madrid?

Ehhh le finali perse sono tutte brutte uguale! In realtà credo che in entrambe le occasioni siamo arrivati in finale non in perfette condizioni fisiche. In più, quando parti favoriti perdi sempre, in questo il calcio è incredibile. Poi è vero che in nessuna delle due finali perso siamo stati veramente brillanti.

Parlami di quella finale contro il Real…

In quell’occasione ci davano per favoriti e, come ho già detto, non siamo arrivati bene fisicamente. Poi nel primo tempo ce la siamo anche giocata, ma l’episodio che cambia la partita è il gol di Mijatovic in netto fuorigioco. Poi ovvio sbagliare è umano, ma in quell’occasione non c’è stata una squadra che ha dominato sull’altra. Ricordo il tiro di Roberto Carlos, la deviazione e Mijatovic bravissimo a sfruttare lo spazio, ma era in netto fuorigioco!

La stagione successiva invece ricordiamo una grande prestazione da parte tua a Manchester, nella semifinale di andata che finì 1-1…

Beh, quella è sicuramente una delle serate più importanti della mia carriera. Si tratta di un Manchester vero, con calciatori forti, straordinari, cazzuti, fu una battaglia tosta ma leale.

Al ritorno, dopo un inizio fulminante e un vantaggio di 2-0, il gol di Roy Keane riaprì il discorso qualificazione e alla fine il Manchester si qualificò per la finale…

Quel Manchester lì è stato la squadra più tosta che abbiamo dovuto affrontare. In quella compagine c’era di tutto, tecnica, furbizia, Keane giocava duro ed entrava al limite, ma tutto finì in campo. Poi con Beckham e Giggs ci siamo rivisti altre volte e ci siamo sempre salutati, quando incontri questi calciatori qui in campo dopo nasce un rapporto di grande rispetto.

In Inghilterra però ti prendesti una bella rivincita con la Fiorentina, con quell’1-0 contro l’Arsenal a Wembley…

Quella fu un’altra serata storica, non solo per la Fiorentina ma per tutto il calcio italiano. Pochi avevano vinto a Wembley, noi dopo aver sofferto tantissimo riuscimmo a farlo grazie a un grandissimo gol di Batistuta. All’Arsenal bastava un pareggio, invece noi siamo riusciti a imporci. Ma del resto quando hai in squadra giocatori del genere. Bati era defilato e fece partire un missile incredibile. (sospira) Nella mia carriera sono stato abbastanza bravo e fortunato, notti così ne ho vissute tante, soprattutto nei periodi juventini, dove andavamo a vincere in campi difficili, ma quella notte a Wembley con la Fiorentina fu speciale perché di davano per spacciati, nessuno credeva in noi e invece vincemmo ed eliminammo l’Arsenal.

In realtà non era la prima volta che vincevi a Wembley…

Esatto. L’avevo già espugnato con la nazionale italiana nelle qualificazioni al mondiale ‘98, grazie a un gol di Gianfranco Zola. In realtà, forse sono stato l’unico italiano a vincere due volte a Wembley…

Nel 1996 avevi disputato l’europeo con l’Italia proprio in terra inglese. Quale stadio ti impressionò maggiormente?

Senza dubbio l’Old Trafford, nonostante giocammo lì la partita con la Germania che ci lasciò fuori dalla competizione (0-0, ndr). È uno stadio dove ho avuto la fortuna di giocare tantissime volte, è speciale perché ti dà emozioni uniche e ti trasmette forza. Mi sarebbe piaciuto moltissimo giocarci da padrone di casa. E lo stesso posso dire di Wembley.

Restando a Londra. Credi che Conte lascerà il Chelsea per andare all’Inter?

Onestamente non credo che Abramovich lasci andare un allenatore come lui dopo quello che ha fatto quest’anno…. lp/AGIMEG