New Addictions, Minutillo (Ist. Superiore di Sanità): “Dai primi riscontri della nostra ricerca, anche se non ancora definitivi, il distanziometro sembrerebbe far aumentare la dipendenza da gioco piuttosto che risolverla”

“Dal punto di vista sanitario non sappiamo se il distanziometro funziona. In realtà, non abbiamo evidenze scientifiche, se non in modelli statunitensi o australiani, molto lontani dalla nostra realtà”. E’ quanto ha dichiarato la dott.ssa Adele Minutillo, dell’Istituto Superiore della Sanità, nel corso del convegno tenutosi oggi all’Università di Salerno sulle new addictions, organizzato dall’Osservatorio Internazione sul Gioco. “Nei mesi passati abbiamo sentito molti giocatori in trattamento per il disturbo da gioco d’azzardo. Tanti ci raccontano che nel momento della compulsione del comportamento cercano un luogo di gioco spesso lontano dal posto dove vivono. Questo avviene perché, quando il giocatore è in fase di compulsione, si sente in colpa verso la famiglia perché sa che sta togliendo loro soldi e tempo. Cerca quindi posti lontani dal suo abitudinario e dove non lo conoscono per andare a giocare. Se questo fosse confermato dalla ricerca che stiamo effettuando, il distanziometro potrebbe addirittura far aumentare la dipendenza piuttosto che risolverla. Il disturbo da gioco d’azzardo è un problema che esiste, ma il rischio è che si generalizzi troppo o che si utilizzino misure che non servono effettivamente a chi ha il disturbo”. La dott.ssa Minutillo ha poi detto che “in Italia parliamo di disturbo da gioco d’azzardo solo quando è stato realmente diagnosticato. In tutti gli altri casi, si deve parlare di giocatore problematico o a rischio o di giocatore sociale sociale. Come si fa a capire il comportamento problematico o a rischio? La penultima ricerca del CNR diceva che in Italia ci sono circa 900mila giocatori a rischio. Il titolo sui giornali è diventato “900mila persone malate di gioco”. In realtà non è così. Il comportamento a rischio non è ancora un comportamento francamente patologico. Di queste 900mila persone, il CNR ha anche detto che circa 200mila hanno un comportamento problematico. L’informazione non deve essere fuorviante ed è importante utilizzare le giuste terminologie”.
Sul tema è intervenuto anche l’avvocato Stefano Sbordoni, esperto di gioco. “I regolamenti comunali hanno imposto il distanziometro avvalendosi di leggi regionali che gli consentono questa attività specifica, esercitando quella competenza concorrente sulla tutela della salute che le Regioni possono attuare a norma dell’art. 117 della Costituzione. A mio avviso questa tutela è stata un po’ abusata per la discriminazione che sta subendo il gioco. Si è lasciato libero spazio agli enti locali tanto da arrivare al distanziometro che non trova logica. Un effetto negativo del distanziometro è quello che proibendo, creo uno spazio aperto che diventa terra di nessuno, nel quale si inserisce anche l’illegale o comunque, chi vuole giocare, non farà altro che farlo in altre sedi”.
Sul distanziometro è intervenuto il prof. Paolo Diana, sociologo dell’Università di Salerno: “Le vecchie categorie di spazio e tempo non esistono più, quindi il distanziometro sembra una cosa assurda. La distanza spaziale non coincide con quella sociale. Tra l’altro, giocare online significa collegarsi con qualsiasi gioco. Sarebbe interessante capire – ha continuato – quale sia la correlazione tra un luogo sensibile come il compro oro ed il bancomat e la compulsività del gioco”. “Non esiste il giocatore patologico, ma la persona patologica”, ha commentato la professoressa Ornella De Rosa, presidente dell’Osservatorio Internazionale sul Gioco. lp/AGIMEG