Giochi, Crepet (psichiatra) “Ludopatia? Altro che epidemia nazionale”

“Mi sembra che sia passato un po’ di moda parlare di ludopatia ed è anche un bene, perché ne abbiamo sentite di tutti i colori. Persone che contavano milioni di ludopatici, di una epidemia nazionale. Io ho fatto ricerca, sono uno psichiatra, è complicato sapere quanti sono perché è difficile definire una persona che dipende dal gioco. Se devo contare un fenomeno devo prima definirlo. L’unica possibilità è quella di riferirsi al numero di persone che si rivolgono ai servizi. Il risultato? 12mila ludopatici. Questa è la realtà” così il Dott. Paolo Crepet (psichiatra, scrittore e sociologo) intervenendo al convegno “Gioco legale: parliamone a carte scoperte” presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Brescia. Io mi sono chiesto il perché sia stata fatta tutta questa pressione sulle slot e ho sentito puzza di bruciato… Ci sono state persone che anche facendo figure poco nobili hanno avuto il coraggio di parlare a sproposito, tirando in ballo milioni di dipendenti dal gioco. Il problema è che non c’è una valutazione su quello che viene fatto da queste comunità terapeutiche generiche che dovrebbero occuparsi di tali persone, quindi il dubbio che mi sorge è semplice, possibile che tutto questo gran movimento sia stato fatto per giustificare appositi finanziamenti? Molti dicono che ci sono tante persone dipendenti dal gioco, ma poi cosa succede quando uno si ammala? Non esiste una persona che è dipendente solo dalle slot, questi 12mila sono multiproblematici, sono quasi tutti separati, hanno già problemi familiari, sono multidipendenti, sono persone che fanno uso di droga, ma perché l’ambiente spesso è quello lì, è limitrofo, quindi passi dal poker alla droga e così via. Ne togli una di dipendenza? Saranno dipendenti da altro. Non basta che una persona ogni tanto perda dei soldi per dire che è malata. Il giocatore patologico non vuole vincere, vuole perdere. Non è un meccanismo molto diverso dalla bulimia. Il giocatore vuol perdere per dimostrare di essere una schifezza, perché non ha autostima, perchè crede di non valere niente. Vogliamo dire che 12mila persone sia una stima al ribasso? Va bene, moltiplichiamo questo numero per 4, resta comunque un problema ben diverso da quello che si è voluto fare credere. Questi 12mila inoltre non sono una popolazione omogenea e sui minori si sono dette sciocchezze infinite. Il giocatore non è un minore, ha ceto sociale medio alto, non facciamo di tutta l’erba un fascio. Non è vero neanche che sono molto vecchi. Ecco che allora si destinano 50 milioni di euro per la cura della ludopatia, ma io vorrei capire a chi li diamo, cosa fanno coloro che ricevono questi finanziamenti, che risultati ottengono con i malati di gioco? Ben volentieri do 50 milioni a strutture che fanno ricerche sul cancro, che aiutano a sconfiggere i tumori, ma perchè devo dare questi soldi a chi non si capisce bene di cosa si occupa, cosa fa, che risultati ottiene? Non è un problema dello Stato italiano se i minori giocano con il telefonino, è un problema dei genitori italiani. Se un genitore non da soldi ai figli fregandosene, il problema con i minori è risolto. Poi c’è il 40enne di ceto medio alto, magari imprenditore, ce lo vedete voi che va in una comunità terapeutica e incontra qualcuno visto pochi giorni prima al Rotary? Non ci andrà mai. Se vogliamo aiutare la popolazione vanno fatte cose sofisticate. Vogliamo vedere i danni della droga? Quanto costa all’erario? Quanto è molto più grave del gioco? Qui parliamo di centinaia di migliaia di persone, come per l’alcol, serve più razionalità, facciamo anche degli studi più approfonditi. Ci vogliono nuove macchinette in grado di avere software che blocchino il giocatore dopo un certo numero di giocate. Capisco che sia un impegno finanziario, ma qualcosa si può e deve fare. Il gioco non è il primo problema di dipendenza di questo paese, però pare che per fare piacere a qualcuno si metta in prima pagina il gioco, quando c’è molto di peggio” ha concluso Crepet. lp/AGIMEG