Videogiochi, Pedrini (consulente business eSports): “L’interruzione pubblicitaria è preistoria. Le “attivazioni” create con l’audience sono il futuro delle pubblicità negli eSports”

Filippo Pedrini, consulente di business eSports, è stato intervistato da Agimeg a margine del convegno organizzato a Milano per la presentazione del secondo rapporto su questo fenomeno in Italia.

Le sfide tra giocatori di videogame e i tornei sono viste ormai come un’opportunità di business. Ma chi può pensare di far soldi con questi eSports e in che modo?

“Ci sono tre categorie di aziende che possono far business con gli eSports. La prima è il classico brand, come ad esempio Gillette oppure aziende Food end Beverage, come Coca-Cola e tanti altri, che li vedono come un canale per comunicare nel mondo digitale i propri contenuti. Poi ci sono le società sportive professionistiche (di Serie A, Serie B di calcio e basket) che sono molto attratte da questa concezione di reale e virtuale: il campionato di calcio reale e quello giocato virtualmente, su console.
La terza categoria riguarda gli imprenditori. I singoli investitori con una buona disponibilità finanziaria sono abituati a questo mondo del business e vogliono essere presenti in questo settore che, pure, non conoscono ancora bene. E per questo mi chiedono consulenza a livello strategico sugli eSports a 360 gradi”.

Comunque, anche nel mondo degli sport virtuali, il calcio continua a essere protagonista assoluto: il gioco di maggior successo con maggior seguito, sia di gamer sia di fan, rimane FIFA.

“Sì, perché siamo un paese di calciofili. Anche all’estero va molto, ma nel nostro Paese la percentuale è più alta perché il calcio rimane il calcio”.

Si può fare business organizzando un team di eSports? E i team sono tra i tuoi clienti?

“Sì, lo erano all’inizio, quando erano un po’ più piccoli e non sapevano ben strutturare un business plan o la percentuale di incassi o uscite. Adesso sono diventate realtà che hanno imparato e che fatturano centinaia di migliaia di euro, anche in Italia. Tempo fa ho scritto un articolo in cui davo per la prima volta una valutazione monetaria ai team di eSports italiani, e ti dico che qualcuno è su qualche milione”.

Ieri hai moderato un dibattito sul potenziale pubblicitario degli eSports. E si è parlato moltissimo di televisione. Secondo i dati di Nielsen sembra esserci una sorta di antagonismo di partenza: se crescono gli Sports, perde la televisione. Ma poi viene fuori che gli eSports vogliono andare in televisione, la televisione ha bisogno degli eSports, chi segue gli eSports sul proprio Pc, in contemporanea si guarda anche una pay tv. Insomma, che rapporto c’è tra televisione e eSports?

“Se questa domanda viene fatta a 10 persone diverse si riceveranno 10 risposte diverse, perché negli eSports non c’è una strada già percorsa. Dal mio punto di vista, ora come ora, possiamo anche permetterci di non corteggiare la televisione. Mentre la televisione sta perdendo utenti sempre più giovani (che guardano YouTube o Twitch) e quindi ha bisogno del nostro linguaggio e del nostro mondo per poter richiamare a sé questa utenza. D’altro canto per noi è importante essere in tv su un canale nazionale, non tanto per quello che è, ma per il riconoscimento quasi istituzionale che si dà al settore. Senza contare che in tv girano molti soldi, soprattutto in Italia, che continua a spendere in televisione molto budget”. gpm/AGIMEG