Slot, Consiglio di Stato: Interdittiva antimafia non serve a punire, ma a prevenire pericolose infiltrazioni

L’informativa antimafia non serve a “punire condotte penalmente illecite”, me è “un istituto a carattere anticipatorio, volto a prevenire un pericolo grave per l’ordine pubblico economico, la concorrenza, il buon andamento dell’amministrazione”. Lo ribadisce la Terza Sezione del Consiglio di Stato respingendo il ricorso di un noleggiatore di apparecchi da intrattenimento della Lombardia che – dopo aver ricevuto un’interdittiva – non aveva ottenuto l’iscrizione al registro Ries. Il Collegio ricorda quindi che il Prefetto, nell’emettere un’interdittiva, deve “compiere una valutazione complessiva e non atomistica di quei fatti gravi, precisi e concordanti che, alla stregua della regola causale del «più probabile che non», facciano emergere la permeabilità di un’impresa e il suo potenziale condizionamento da parte della criminalità organizzata”. La valutazione del prefetto, comunque rappresenta “l’esercizio di un potere discrezionale sempre sindacabile da parte del giudice”.

Nel caso preso in esame, la Prefettura di Milano si era basata di una serie di elementi che “consentono di delineare un pericoloso intreccio di legami familiari e anche economici” tra il titolare della ditta di noleggio “ed esponenti della ‘ndrangheta calabrese”. Il Consiglio di Stato ricorda ancora che le organizzazioni mafiose si basano sulle strutture tipiche del clan “sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione”. Nel caso del noleggiatore, quindi, le circostanze rievocate dalla Prefettura “sembrano univocamente indicare, in base alla regola causale del «più probabile che non», la sussistenza di un intrecciato tessuto familiare ed economico riconducibile al modello delineato dalla giurisprudenza e, pertanto, tale da far emergere un serio rischio di condizionamento mafioso dell’attività (del noleggiatore, NdR), quale espressione di un unico, o quanto meno unitario, contesto familiare e imprenditoriale, di cui (la società che ha presentato ricorso, NdR) appellante costituisce una evidente gemmazione”. rg/AGIMEG