Settimo Mineo resta in carcere. Per la Cassazione, ha un ruolo apicale dentro cosa nostra. Centri scommesse usati per gestire le risorse dei clan

La Cassazione conferma la custodia cautelare in carcere per Settimo Mineo, classe 1938, ritenuto il nuovo vertice di cosa nostra dopo la morte di Totò Riina. Mineo venne già condannato nel maxi-processo di Palermo a 5 anni di carcere, e poi in seguito all’operazione Gotha. Liberato nel 2013 su decisione della Cassazione, è stato arrestato nuovamente lo scorso dicembre scorso, proprio perché ritenuto il nuovo vertice di cosa nostra. Tra i vari racket avrebbe puntato anche su quello delle scommesse. “Al Mineo” riassume la Suprema Corte, “si contesta oltre all’appartenenza a Cosa nostra, di aver diretto il mandamento mafioso di Pagliarelli e di aver fatto parte, in tale qualità, della ricostituita commissione provinciale di Cosa nostra e di aver disposto, durante la riunione del 29 maggio 2018 il rispetto delle regole tradizionali dell’associazione, di aver mantenuto i contatti con gli associati nel corso di ripetuti incontri e riunioni con altri capi mandamento, reggenti e uomini d’onore, esercitato un controllo capillare sul territorio, occupandosi in prima persona di autorizzare l’apertura di esercizi commerciali, di provvedere all’assistenza degli associati detenuti e delle loro famiglie, al finanziamento della famiglia mafiosa di Pagliarelli ed alla gestione delle risorse anche mediante centri scommesse”. La Cassazione ha ritenuto sostanzialmente corretta l’ordinanza con cui il Tribunale di Palermo ha disposto la custodia cautelare in carcere: “La natura eccezionale delle esigenze risulta adeguatamente giustificata dal rilievo attribuito sia alla posizione apicale che al concreto attivismo del Mineo, che, benché ultrasettantenne, ha costituito un punto di riferimento per gli associati e per gli altri capi mandamento, richiamati al rispetto delle regole tradizionali ed alle sanzioni estreme previste in caso di inosservanza, in tal modo riaffermando la propria autorità e dando nuovo slancio all’associazione a livello provinciale nonché dimostrando con concreti interventi nelle vicende esaminate il potere intimidatorio e di controllo mantenuto sul territorio”. lp/AGIMEG