Scommesse, Cassazione respinge ricorso titolare internet point: “Ricevute provano attività di raccolta”

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della titolare di un internet point avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che ha confermato la sentenza del Tribunale di Nola con la quale la ricorrente era stata condannata alla pena di nove mesi di reclusione in quanto riconosciuta colpevole del delitto di cui all’art. 4, commi 1 e 4 della legge n. 401 del 1989 (svolgimento di attività organizzata per l’accettazione e la raccolta di scommesse in assenza di licenza). Per la Cassazione il ricorso “deve essere dichiarato inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice dell’appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto e, dunque, senza consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica”. Ma non solo. Per la Cassazione “i giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione assolutamente logica, che il rinvenimento di una ricevuta della scommessa appena giocata fosse circostanza dotata di intrinseca forza dimostrativa dell’attività di raccolta di scommesse svolta dall’imputato nell’ambito dell’intemet point, non superabile dalle dichiarazioni di opposto tenore da parte dello stesso cliente del locale”. lp/AGIMEG