Scommesse, Cassazione conferma condanna titolari ctd Lecce: “Normativa italiana non consente intermediazione”

“La Corte di merito ha ravvisato – con riguardo alle scommesse operate nel centro gestito dai ricorrenti – quell’attività organizzata di intermediazione che, pacificamente, la stessa normativa non consente”. La Cassazione ha bocciato un ricorso contro la condanna a 6 mesi e 15 giorni di reclusione per tre imputati rei di aver gestito un centro scommesse di Lecce senza le necessarie autorizzazioni. I Supremi giudici sottolineano il fatto che “gli imputati non si erano limitati a fornire servizi accessori alla raccolta di scommesse, e quindi a mettere a disposizione i terminali installati nel locale per consentire ai clienti di accedere personalmente ai conti di gioco, ma erano intervenuti in modo attivo nelle attività di scommesse medesime, ricevendo il danaro contante necessario a ricaricare i conti di gioco e ‘piazzare’ le giocate (con rilascio delle relative ricevute e, se necessario, apertura dei conti gioco personali dei clienti), nonché predisponendo le quote tramite l’installazione di pannelli, palinsesti e locandine varie”. Inoltre l’attività di intermediazione di un operatore estero emergeva dal sequestro di cedole intestate proprio a questo bookmaker, in uno con blocchetti in bianco allo stesso riferibili. La sentenza ha inoltre sottolineato che i computer rinvenuti erano dotati di un sistema interno che consentiva il reset della cronologia internet, alla chiusura del programma di navigazione, in modo da non rendere possibile il riscontro degli accessi effettuati. Infine la Corte di appello ha richiamato le testimonianze di due avventori del locale individuati dagli operanti proprio mentre stavano “navigando” sul sito in questione: entrambi avevano ammesso di aver appena effettuato una giocata e di aver caricato il proprio conto personale tramite il gestore del centro, versando danaro contante alla cassa dell’esercizio. Per questi motivi la Cassazione ha dichiarato “inammissibili i ricorsi e condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali”. lp/AGIMEG