Preu su slot scollegate, Cassazione: Per il barista non vale la buona fede. Paga chiunque ha consentito l’uso della slot

Il barista o il proprietario della sala da gioco non possono appellarsi alla propria buona fede, ovvero al fatto che non sapessero che le slot non erano collegate alla rete di controllo, per non pagare il prelievo. E’ in sostanza quanto afferma la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione che ha accolto l’appello intentato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e ha riformato la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva invece assolto un esercente, proprio basandosi sulla sua buona fede. Ma la Cassazione sottolinea che la norma “non abbia previsto alcuna esenzione di responsabilità da parte del possessore dei locali in cui siano installate apparecchiature prive del nulla osta citato”. La vicenda risale al 2007, e quindi si applica la versione originale della norma. La Suprema Corte sottolinea ancora che – ai fini del pagamento del Preu – chiama in causa tutti quei soggetti che – “in ragione di un qualificato rapporto dì fatto con il bene (come nella specie per la detenzione dei locali in cui si trovano gli apparecchi” – “hanno un controllo operativo sui macchinari e, dunque, hanno voluto o consentito l’utilizzo del macchinario nonostante l’assenza del prescritto nulla osta, traendone un evidente profitto”. E ancora, questa previsione “non ha valenza sanzionatoria ma, in ragione degli anzidetti presupposti, assolve alla funzione di garantire il soddisfacimento del credito dello Stato nei confronti di soggetti il cui ruolo rivela una capacità contributiva strettamente correlata al presupposto di fatto dell’imposizione”. rg/AGIMEG