Ludopatie, Tar accoglie ricorso contro l’approvazione dei Piani Regionali. Tutto da rifare per distribuire i 50 milioni

Il Tar Lazio ha annullato i provvedimenti con cui il Ministero della Salute ha approvato i piani di contrasto alle ludopatie delle Province autonome di Trento e di Bolzano, e della Regione Toscana e Campania. Ma la pronuncia sembra andare oltre e mette in dubbio l’iter seguito per l’approvazione di diversi piani regionali (come esempi vengono citati anche quelli di Basilicata, Emilia-Romagna, Umbria, Puglia, Sicilia, Lazio, Liguria, Lombardia, e l’elenco non sembra essere completo). Si tratta in sostanza dei piani di contrasto al gioco d’azzardo patologico, che consentono a Regioni e Province autonome di accedere a un Fondo – istituito presso lo stesso Ministero della Salute – con una dotazione di 50 milioni di euro all’anno. Secondo il Tar Lazio, in sostanza, non sarebbe stato rispettato l’iter previsto per l’approvazione dei piani, dal momento che non è stato coinvolto l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo. “Al conseguente annullamento di tutti gli atti gravati, segue dunque che il procedimento dovrà ripartire dalla fase consultiva illegittimamente pretermessa” ha disposto il Collegio.

A intentare il ricordo è stata il Codacons, nella duplice veste di associazione dei consumatori e di esponente dello stesso Osservatorio. Il Tar nelle motivazioni della sentenza spiega che  il 6 ottobre 2016, il Ministero della Salute ha adottato un decreto per la ripartizione del Fondo “prevedendo che, entro novanta giorni dalla data di emanazione, le regioni e le province autonome avrebbero presentato agli uffici ministeriali «uno specifico Piano di Attività per il contrasto al gioco d’azzardo, che includa sia interventi di prevenzione che di cura e riabilitazione”. Il decreto prevedeva poi che il Ministero avrebbe valutato i Piani “sentito l’Osservatorio”, e una volta data l’approvazione avrebbe disposto l’erogazione delle quote del Fondo. ll Codacons ha tuttavia spiegato che l’Osservatorio non ha mai visionato i Piani, ma solamente “un resoconto sintetico  delle valutazioni dei Piani di attività condotte a livello ministeriale, completo delle relative tabelle esplicative”. I rappresentanti dell’Associazione avevano immediatamente sottolineato che da quel documento (“costituito da sole tre pagine”) era impossibile ricostruire le linee di azione di ciascun Piano e, in alcuni casi, finanche il contenuto minimo degli stessi. Si erano quindi rifiutati di sottoscrivere il parere reso dall’Osservatorio.

Il Tar adesso riconosce che l’Osservatorio deve effettuare “la propria valutazione direttamente sul corpo documentale dei Piani di attività e non esclusivamente su un rapporto di sintesi ministeriale che, anche per la sua estrema laconicità, non è idoneo a rendere edotto l’organo consultivo del contenuto del documento da valutare”. E sottolinea quindi che “il documento ministeriale in alcuni casi (a mero titolo di esempio Basilicata, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Puglia, Sicilia etc.) indica qualche contenuto generico, senza tuttavia dar conto delle azioni e delle sperimentazioni mese in campo dai proponenti, rendendo di fatto impossibile esprimere qualsivoglia valutazione di appropriatezza e di efficacia, mentre in altri casi (per esempio Lazio, Liguria, Lombardia etc.) si limita alla dizione «valutazione positiva» senz’altro aggiungere”. gr/AGIMEG