Consiglio di Stato: “Il distanziometro è proporzionato proprio perché punta a far trasferire le sale”. Sì al regolamento di Domodossola

L’effetto del distanziometro “è quello di disincentivare attività commerciali che offrano gioco d’azzardo mediante apparecchi elettronici e, in definitiva, indurre gli operatori commerciali a ricollocare i loro esercizi in altra zona del territorio comunale”. Lo scrive la Quinta Sezione del Consiglio di Stato respingendo il ricorso di una sala da gioco contro il regolamento adottato dal Comune di Domodossola. L’operatore nel ricorso aveva sostenuto che il distanziometro avesse effetti sproporzionati, dal momento che di fatto aveva espulso il gioco dalla città: delle 53 sale attive inizialmente ne erano rimaste appena 3. Ma per il Consiglio di Stato, la proporzionalità del distanziometro va valutata ” alla luce di tale effetto – disincentivo all’investimento in tale attività imprenditoriale e spinta alla ricollocazione degli esercizi commerciali”.
Il Collegio aveva disposto una verificazione per valutare i reali effetti della misura. L’Agenzia delle Entrate – che ha effettuato i rilievo – “ha accertato che il 24,2% degli edifici presenti sul territorio comunale si trova in posizione utile per la collocazione degli apparecchi da gioco”. L’Agenzia delle Entrate, inoltre, aveva anche confermato che solo una piccola percentuale dei bar tabacchi e sale da gioco continua a ospitare apparecchi da intrattenimento: “costituiscono il 3,1% di tutti gli esercizi commerciali con medesima destinazione (per essere, invece, il 96,9 % di essi ricadenti nell’ambito della area preclusa)”. E questo, secondo il Consiglio di Stato, “induce ad una precisa conclusione: gli esercizi commerciali con destinazione bar, tabacchi e sale giochi, che intendano continuare ad offrire alla propria utenza il servizio del gioco mediante apparecchi elettronici, dovranno necessariamente ricollocarsi nell’ambito del territorio comunale a distanza dal centro cittadino nel quale è interamente collocata l’area preclusa”.
Ininfluente poi che i bar e i tabacchi che vogliano istallare slot non riescano a trovare locali idonei, perché “i locali commerciali disponibili risultano adibiti ad altre attività”. Per il Collegio, “non si tratta di conseguenza imputabile alla misura restrittiva in contestazione, e dunque, di barriera all’ingresso non di carattere normativo, ma meramente fattuale, dipendente dallo stato di fatto dei luoghi. Si tratta, insomma, di una situazione non dissimile da quella in cui viene a trovarsi un qualsiasi operatore economico che intenda reperire un locale commerciale idoneo per avviare una nuova attività commerciale e si trovi dinanzi ad un panorama immobiliare in cui tutti i locali commerciali sono già occupati da altre attività commerciali, con la sola differenza che, in questo caso, la cerchia degli immobili disponibili è più ristretta”.
Il Consiglio di Stato difende anche le fasce orarie, nonostante la sala abbia messo in evidenza che di fatto l’orario per il funzionamento degli apparecchi si riducesse a appena 4 ore al giorno. In base al regolamento comunale, tabaccherie e ricevitorie possono accendere le slot dalle 14 alle 18 e dalle 20 alle 24. Questi esercizi tuttavia – ha sostenuto la sala – di norma chiudono alle 19-20, quindi possono sfruttare solo la prima fascia oraria. Ma per il Consiglio di Stato, al restrizione “comporta il minor sacrificio possibile per l’interesse dei privati gestori delle sale da gioco in relazione all’interesse pubblico perseguito: resta consentita l’apertura al pubblico dell’esercizio (dalle ore 10 alle 24), che potrà, dunque, continuare a svolgere la sua funzione ricreativa (con eventuale vendita di alimenti, snack, bevande), mentre sono limitati i tempi di funzionamento degli apparecchi prevalentemente nel periodo mattutino”. rg/AGIMEG