Bingo, Consiglio di Stato respinge ricorso contro diniego concessione: “Assunto difensivo destituito di giuridico fondamento”

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha rigettato il ricorso della società Santa Lucia 2000 s.r.l.  per la riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio – Roma – Sezione II,  concernente risarcimento del danno per il diniego della concessione per l’esercizio del gioco del bingo. La ricorrente partecipava alla gara per l’attribuzione di trenta concessioni per l’esercizio di sale bingo nella provincia di Roma, collocandosi in posizione non utile nella relativa graduatoria. L’interessata impugnava l’esito della procedura concorsuale innanzi al Tar del Lazio che in accoglimento del proposto gravame, annullava la graduatoria in questione. L’Amministrazione, quindi, riesaminata l’offerta, la inseriva in posizione utile in graduatoria. L’interessata però, pur a fronte del provvedimento favorevole emesso nei suoi confronti, non dava seguito alla iniziativa per cui veniva dichiarata decaduta. La società aveva diffidato l’Amministrazione dei Monopoli a provvedere al pagamento dei danni subiti per illegittima esclusione ed illegittimo ritardo nel rilascio della concessione, proponeva ricorso al TAR del Lazio volto ad ottenere la condanna dell’Amministrazione dei Monopoli al risarcimento del danno scaturente sia dall’illegittimità dell’originario diniego che dal ritardato rilascio della concessione per l’esercizio del gioco bingo, danno che quantificava in euro 18.499.501,00 o nella diversa somma dovuta nel corso di causa. Sosteneva, in particolare, parte ricorrente che la rinunzia ad attivare l’iniziativa imprenditoriale era stata cagionata dalla intempestività del rilascio della relativa concessione imputabile esclusivamente a colpa dell’Amministrazione. La Società appellante rivendica la sussistenza di un pregiudizio economico sub specie di danno da ritardato esercizio favorevole della funzione pubblica nei suoi confronti, addebitabile unicamente a colpa dell’Amministrazione, perché sarebbe stata messa in grado di operare con due anni di ritardo rispetto agli altri concorrenti, allorché il mercato del gioco del bingo era saturo (in particolare nella zona di Roma dove avrebbe dovuto aprire, ovvero nei pressi della via Tuscolana), mentre, se le fosse stato tempestivamente rilasciato il titolo, sarebbe stata in condizione di esercitare l’attività d’impresa in effettiva competizione con gli altri operatori di settore. Per il Consiglio di Stato “l’assunto difensivo è destituito di giuridico fondamento. Manca la prova che se l’atto fosse stato tempestivamente emanato il danno (inteso come ridotta o azzerata redditività dell’impresa), si sarebbe certamente evitato; non è stata fornita la prova certa che all’esito dell’apertura (sia pure in ritardo) le condizioni reddituali dell’impresa, in concreto, avrebbero reso effettivamente impossibile la gestione della sala giochi; in realtà, essendo la durata della concessione pari a sei anni, è ragionevole ritenere che vi sarebbe stato un tempo sufficiente per superare le difficoltà economiche iniziali; inoltre – poiché anche altre imprese utilmente collocate nella originaria graduatoria avevano ritardato l’apertura ed essendo rimasto immutato il contingente numerico delle stesse (pari a 30) sia prima che dopo il giudicato cassatorio – l’entità dell’intervallo di apertura fra la ricorrente e le altre concorrenti non consente di ritenere dimostrata l’impossibilità in concreto di una proficua gestione della sala giochi. Da qui, conclusivamente, l’infondatezza del proposto appello”. lp/AGIMEG