Giochi, Aronica (ADM): “In dieci anni assicurati 14 miliardi di euro in più all’Erario attraverso un’offerta legale competitiva e repressione gioco illegale”

Negli ultimi vent’anni, l’offerta di gioco d’azzardo si è notevolmente trasformata a livello di prodotti, canali di vendita e modalità di fruizione. In Italia, il mercato legale ha visto l’emergere di nuove forme di gioco, come quelle legate alle lotterie istantanee, agli apparecchi da divertimento e al gioco online. In virtù di queste trasformazioni, la Raccolta complessiva è più che raddoppiata, da 35 miliardi del 2006 agli 88 miliardi del 2015, anche se la Spesa effettiva dei giocatori è aumentata a ritmi più contenuti, a causa dei livelli elevati di Pay Out che caratterizzano i nuovi giochi. La crescita dei volumi di Raccolta e di Spesa sembra essere il frutto di una politica pubblica che ha combinato l’ampliamento e l’articolazione dell’offerta legale con la repressione del gioco clandestino, canalizzando la domanda in un circuito capace di recuperare risorse a vantaggio dello Stato”. E’ questa la fotografia scattata da Alessandro Aronica, vicedirettore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nell’ultimo numero di ‘Economia & Management’.

Agli inizi degli anni Duemila, si poteva affermare che «L’organizzazione dei giochi, delle scommesse e dei concorsi pronostici da parte dello Stato ha la finalità di raccogliere risorse finanziarie aggiuntive rispetto alle entrate tributarie ed extratributarie». Così esordiva il documento approvato dalla VI Commissione del Senato della Repubblica («Commissione Pedrizzi»), a conclusione di un’indagine conoscitiva che aveva preso le mosse dall’esigenza di analizzare le cause di una forte flessione degli introiti erariali registrata negli anni immediatamente precedenti. L’affermazione era chiara e netta, sebbene integrata e temperata subito dopo dalla considerazione che appariva prioritaria «una riflessione sui limiti e sulla latitudine da assegnare all’intervento pubblico nel comparto dei giochi, nella consapevolezza che le esigenze di bilancio devono trovare un rigoroso limite nella conferma dei compiti di tutela dell’ordine pubblico e della salute dei cittadini […] messi in pericolo da una diffusione incontrollata, indiscriminata e senza regole di tipologie di giochi e di scommesse, nonché dalla diffusione di fenomeni illegali e clandestini». L’approccio politico era in allora dichiaratamente lontano da un assunto proibizionista, sebbene consapevole del fatto che un orientamento di «aperto e convinto sostegno al gioco» avrebbe rischiato di «trasformare l’azione pubblica in un diretto favoreggiamento di comportamenti socialmente sanzionati dalla morale corrente»; considerazioni che consentivano di prendere poi le distanze da un altro estremo, quello di un «malinteso iperliberismo economico».
Si può dire che questa impostazione abbia ispirato e guidato l’intervento pubblico nel settore dei giochi così come è venuto evolvendosi negli anni successivi, con numerosi interventi normativi orientati ad ampliare, articolare e rendere più competitiva l’offerta legale. E si può trarre un bilancio dei risultati conseguiti da questa strategia, come cercheremo di fare in estrema sintesi nelle pagine che seguono. In astratto, valutare l’impatto della strategia pubblica seguita nel passato, al fine di orientare le scelte di politica economica futura, significa poter mettere in relazione tre ordini di dati: quelli registrati nell’ambito del circuito legale, quelli stimati sul consumo illegale e quelli registrati e stimati sul fenomeno della dipendenza dal gioco.
Purtroppo nel caso italiano non solo mancano stime compiute sulla dimensione e le caratteristiche del circuito illegale, ma anche i dati sul gioco problematico e il gioco d’azzardo patologico non hanno mai formato oggetto di un’indagine scientifica estesa e approfondita. Inoltre, gli stessi dati riguardanti il circuito legale sono soltanto oggi attentamente riconsiderati per poterne favorire l’utilizzo da parte della comunità degli studiosi. Il lavoro di ricostruzione in corso consentirà in futuro di disporre di una serie storica di una certa consistenza. Al momento, tuttavia, è già possibile presentare gli esiti di una ricognizione preliminare, e scopo di questo contribuito è quello di offrire una prima lettura dei dati a disposizione. Non possiamo tuttavia non sottolineare preliminarmente come l’approccio di cui cerchiamo di verificare i risultati sembri già da più parti rimesso in discussione. Vi è chi sottolinea come «nel tentativo, giusto, di porre argine alla diffusione incontrollata dell’offerta di gioco illegale, nel passato si è pensato che bastasse aumentare quello legale e si è finito per esagerare nell’offerta». Le stesse associazioni delle imprese del settore hanno cura di definire il dover essere della strategia pubblica come orientato alla «prevenzione del rischio di accesso dei minori al gioco, di tutela della salute, di salvaguardia della sicurezza sociale e della fede pubblica, di controllo del gioco (limitazione dell’offerta di gioco illegale e irregolare) e, in subordine, di mantenimento dei livelli di entrate erariali». Le stesse cose ritornano, quindi, ma con accenti e preoccupazioni diverse. Agli inizi degli anni Duemila – ha proseguito Aronica – destavano allarme l’erosione del gettito e la diffusione dell’offerta illegale, fenomeni ritenuti a ragione fortemente connessi. Il fatto che vi fosse una forte ripresa del gioco clandestino, del resto, si riteneva incrementasse i rischi per la salute e l’ordine pubblico. Ai nostri giorni, questo tipo di rischi (salute e ordine pubblico) sono divenuti la preoccupazione maggiore, affatto attenuata, anzi in tesi aggravata, dal fatto che si sia sviluppata un’ampia e articolata offerta legale. Il gettito non sembra più indicato esplicitamente come la variabile guidae nella strategia pubblica si vuole restituire centralità alla repressione, mentre al circuito legale si imputa di non riuscire a impedire una lievitazione della domanda e, con essa, la crescita di fenomeni di dipendenza dal gioco.

Sino a qualche anno fa era considerato abbastanza ovvio – ha detto ancora Aronica – dimensionare il settore del gioco soltanto in base alla consistenza della Raccolta, ovvero del volume di denaro giocato (puntato) ogni anno. Ancora oggi nella pubblicistica in argomento – soprattutto quella che tende a sottolineare i rischi sociali associati allo sviluppo del settore dei giochi – si fa spesso riferimento al dato della Raccolta. La Raccolta, inoltre, veniva e viene sostanzialmente identificata con la Spesa dei giocatori, come se le Vincite non esistessero o fossero evento talmente straordinario nel tempo e concentrato nei soggetti da potersi escludere dall’analisi. Questa drastica semplificazione poteva forse essere giustificata in una stagione in cui la struttura dell’offerta legale era ancora imperniata su pochi giochi molto popolari caratterizzati da basso Pay Out (tasso di vincita medio sulle somme puntate) e forte concentrazione delle Vincite (si pensi per esempio al Totocalcio), mentre lo stesso mercato parallelo – si pensi alle scommesse sugli eventi sportivi – non era certo obbligato ad assicurare condizioni eque e trasparenti. Negli ultimi vent’anni, l’offerta di gioco d’azzardo si è notevolmente trasformata: sono cambiati i prodotti, sono mutati i canali di vendita e le modalità di fruizione. Oggi questa confusione tra Raccolta e Spesa appare sempre meno comprensibile, essendosi consolidata e divenuta preponderante attraverso le Lotterie istantanee, gli Apparecchi da divertimento, il Gioco a distanza (online) un’offerta di gioco a Pay Outmedio molto più elevato (e, naturalmente, rigorosamente garantito all’interno del circuito legale); così elevato e frequente dall’essere necessariamente anche meno concentrato e più coerente con il grado di diffusione del gioco. Il Pay Out medio del complesso dei giochi è cresciuto nell’ultimo decennio di quindici punti percentuali. Ha sempre meno senso, quindi, ignorare le Vincite per stabilire quanto effettivamente si spende per questa voce di consumi, pena una notevole sopravvalutazione delle dimensioni del settore. Ciò detto, anche la Raccolta rimane un dato importante da considerare. Per alcune categorie di gioco (segnatamente per gli Apparecchi da divertimento, le Lotterie istantanee e molti giochi online), l’elevato Pay Out consente, a parità di budget stanziato dal giocatore (la sua perdita programmata tollerabile), di sviluppare una notevole quantità di gioco, attraverso il reingaggio successivo delle somme vinte. Con la stessa Spesa, quindi, il consumatore compra una maggiore quantità di tempo da impiegare nel gioco. In altri termini, anche se si tratta di giochi in cui la singola puntata si brucia in pochi secondi, la crescita della Raccolta, a parità di altre condizioni, diventa espressione del tempo consumato nel gioco. Le due variabili rimangono, quindi, entrambe meritevoli di attenzione”.

Sul tema del circuito legale, il vicedirettore dei Monopoli di Stato evidenzia come “con riferimento al gioco legale nel nostro paese, la Raccolta ammonta nel 2015 a oltre 88 miliardi di euro, mentre era di quasi 35 miliardi nel 2006. Questa crescita di oltre 50 miliardi non si è distribuita in modo omogeneo nel corso degli anni. Negli ultimi quattro anni il volume del gioco legale si è consolidato su valori compresi tra gli 84 e gli 88 miliardi; la crescita è intervenuta negli anni precedenti, tra il 2006 e il 2011 (45 miliardi di euro circa), con un ulteriore balzo nel 2012 (di altri 8 miliardi). Nel primo biennio del periodo considerato, si registra nel complesso un incremento di oltre 7 miliardi nella Raccolta. La metà di questo incremento è spiegato dagli Apparecchi da divertimento che, all’epoca, sono soltanto le cosiddette AWP o New Slot, ovvero apparecchi che prevedono una puntata minima e una vincita massima contenute, nonché un Pay Out più elevato rispetto alla media dei giochi tradizionali. Le AWP, nelle intenzioni del legislatore, debbono spiazzare i video poker, offerta illegale dilagante negli anni precedenti, totalmente sottratta a qualsiasi controllo e improduttiva di gettito. L’altra forte componente di crescita è rappresentata dal comparto lotterie, che comprende le Lotterie istantanee; queste ultime, introdotte a metà degli anni Novanta, avevano conosciuto un immediato successo, sollecitando probabilmente una nuova e ulteriore domanda di gioco; il successo non si era però consolidato negli anni successivi, causa incidenti di percorso che avevano profondamente minato la fiducia dei consumatori. Il picco si era raggiunto nel 1996, con una Raccolta di circa 4500 miliardi di lire; nel 2001 la Raccolta si era drasticamente ridimensionata fino a 300 miliardi di lire. Nel biennio 2006-2007, le lotterie istantanee si rilanciano, superando la crisi di credibilità. Nel 2007 hanno già raggiunto gli 8 miliardi di euro, ovvero una Raccolta quadrupla (o doppia se il cambio lira/euro si calcola convenzionalmente alla pari) rispetto a quella della metà degli anni Novanta. Nei successivi tre anni, tra il 2008 e il 2010, la Raccolta complessiva cresce ancora di circa 20 miliardi di euro. Sono gli anni in cui si avvia l’annessione al settore legale delle scommesse online (catalogabili nella categoria dei giochi di abilità a distanza), la cui Raccolta passa da zero a 3 miliardi di euro. Impressionante è l’ulteriore crescita degli apparecchi da divertimento. Le VLT (apparecchi presenti solo nelle sale specializzate che consentono un gioco decisamente più «spinto», in termini di puntate e Vincite, rispetto alle AWP) sono state appena introdotte; un’ulteriore crescita di 12 miliardi si realizza, quindi, interamente nel segmento delle AWP che giunge a sviluppare oltre 30 miliardi di euro di Raccolta. Nel triennio in questione si consolida, inoltre, il successo delle lotterie istantanee, che crescono ancora di 1,5 miliardi di euro. Il Superenalotto e le Scommesse a base sportiva raggiungono dei punti di massimo relativo, incrementando ciascuno la Raccolta di 1,6 miliardi. Il panorama non è però quello di una crescita generalizzata; nel periodo comincia a manifestarsi il calo delle Scommesse del settore ippico, mentre il Lotto conosce un leggero ridimensionamento. Nel 2011, in un solo anno, la Raccolta conosce un altro balzo di 18,5 miliardi. L’ampliamento dell’offerta legale dei giochi a distanza contribuisce a questo incremento per circa 5 miliardi; la parte del leone, tuttavia, la fanno ancora gli apparecchi da divertimento: le AWP resistono su una Raccolta che sfiora i 30 miliardi di euro, mentre le VLT raggiungono repentinamente i 15 miliardi di euro. Il 2012, infine, è il primo anno di un quadriennio di sostanziale stabilità. La Raccolta arriva ormai a sfiorare gli 88 miliardi di euro (ovvero la cifra su cui tornerà, dopo un biennio di calo, nel 2015) rispetto ai quasi 80 miliardi dell’anno precedente. Sono ancora gli Apparecchi da divertimento e i Giochi a distanza a spiegare questo ulteriore incremento del volume di gioco.

Al fine di individuare la Spesa, dalla Raccolta va sottratto l’ammontare che viene restituito in Vincite (al netto delle imposte sulle Vincite). Come è facile constatare, i valori assoluti della Spesa sono di gran lunga inferiori rispetto ai valori della Raccolta. Anche la dinamica è molto diversa: la Spesa per il gioco legale cresce tra il 2006 e il 2009, per poi stabilizzarsi intorno ai 17 miliardi (con un picco nel 2011 di 18 miliardi circa). Ne deriva che mentre nel periodo iniziale la Spesa rappresenta circa il 30 per cento della Raccolta, negli anni più recenti la quota si stabilizza ormai intorno al 20 per cento. In effetti, i giochi che, nell’ultimo decennio, hanno impresso una fortissima accelerazione alla Raccolta complessiva contribuiscono alla crescita della Spesa in misura assai più contenuta. Le marcate differenze nella dinamica della Raccolta e in quella della Spesa sono quindi riconducibili, in linea generale, alle trasformazioni nel mix di giochi conteggiati nel circuito legale, e al ruolo crescente assunto dai giochi con alto Pay Out. Si tratta di giochi come gli Apparecchi da divertimento e i Giochi a distanza che, nel periodo 2006-2015, hanno inciso in modo determinante sulla crescita della Raccolta, ma con ripercussioni più contenute sulle dinamiche della Spesa: 0,5 miliardi di Spesa a fronte di circa 13 miliardi di Raccolta nel caso dei Giochi di abilità a distanza; circa 5,7 miliardi di Spesa a fronte di 33,4 miliardi di Raccolta nel caso degli Apparecchi da divertimento; circa 0,9 di Spesa a fronte di 5,1 di Raccolta nel caso delle Lotterie. Il cedimento di alcuni giochi tradizionali (i giochi a base ippica, i giochi numerici a totalizzatore), in termini assoluti oltre che in ragione di quote di mercato, ha avuto ripercussioni anche sul gettito. Si è contratta, infatti, la base imponibile aggredita con aliquote più elevate, mentre l’ampliata base imponibile offerta dai giochi in forte crescita di Raccolta veniva incisa da aliquote inferiori. Veniamo così alla terza variabile chiave del sistema: l’introito erariale. Nel periodo considerato, ha detto Aronica, il gettito cresce significativamente nei primi anni (di 1,7 miliardi circa sino al 2009), per poi oscillare intorno a un valore medio di 8,5 miliardi negli ultimi anni sino al 2015, con una dinamica più coerente con la variabile «Spesa». Nel complesso, tra il 2006 e il 2015, la Spesa è cresciuta del 45 per cento circa, le entrate erariali sono cresciute del 30 per cento circa.

Questa sommaria ricostruzione può contribuire solo in parte a rispondere a una questione di cruciale interesse per il decisore politico: abbiamo assistito nel caso italiano a un’espansione del mercato indotta essenzialmente dalle sollecitazioni dell’offerta legalizzata, oppure nella dinamica descritta possiamo leggere innanzitutto un forte effetto emersione del gioco clandestino, tale che se disponessimo di dati consolidati, sommando legale e illegale, potremmo apprezzare dinamiche assai più contenute nell’evoluzione della Raccolta e della Spesa complessive?  Che vi sia stato un importante effetto di legalizzazione sembra probabile. Nel 2011, la Commissione Parlamentare Antimafia, con riferimento all’anno 2006, stimava in poco meno di 45 miliardi la Raccolta «effettiva» (legale e illegale) riconducibile agli Apparecchi da divertimento. In quello stesso anno la Raccolta registrata all’interno del circuito legale non superava i 15 miliardi, mentre bisognerà attendere il 2011 e gli anni seguenti per attingere e superare con il gioco legale i valori complessivi indicati dalla Commissione. Nel 2010, la stessa Commissione Parlamentare stimava, sempre con riferimento all’anno 2006, che a fronte di 200.000 apparecchi AWP allora regolarmente collegati, vi erano «almeno altrettanti apparecchi illegali». Considerato che attualmente gli apparecchi legali sono circa 400.000, se ne deduce che molti degli apparecchi che la stima per il 2006 considerava illegali potrebbero essere confluiti nel circuito ufficiale. Nel caso del gioco a distanza, l’effetto di emersione, dovuto al citato ampliamento dell’offerta legale, è piuttosto evidente e il volume del gioco cresce in ragione di un’evoluzione normativa che riconosce via via i segmenti di offerta esistenti sul mercato parallelo, li regolamenta e li annette al sistema del gioco pubblico. Basta citare un esempio. Nel mese di settembre del 2014, uno dei più importanti bookmaker online ha avviato la propria attività nel circuito legale. Ebbene, nei primi tre giorni dal lancio il concessionario ha conseguito una Raccolta giornaliera media di circa 1,5 milioni, corrispondente a una Raccolta «aggiuntiva» di circa 600 milioni su base annua, determinando così un incremento del 50 per cento della Raccolta dell’intero settore: l’incremento registrato è derivato quasi esclusivamente dall’annessione al gioco legale di puntate che prima affluivano al sito estero del predetto soggetto. Se guardiamo alle dinamiche della Spesa tra il 2006 e il 2015, registriamo un incremento di circa 5,6 miliardi di euro per gli Apparecchi da divertimento, di 0,5 miliardi di euro per il Gioco a distanza, di circa 1 miliardo per le lotterie e di circa 0,4 miliardi per la tassazione sulle Vincite. Questi incrementi più che compensano la riduzione di Spesa nei settori del Lotto (0,7 miliardi), delle Scommesse ippiche (0,7 miliardi), dei Giochi numerici a totalizzatore (0,6 miliardi) e del Bingo (0,3 miliardi), dando luogo a un saldo complessivo superiore ai 5 miliardi. In definitiva, il mercato legale non sembra essere cresciuto più di quanto non sia stato consentito da un effetto di legalizzazione. Ciò non significa, ovviamente, che non si siano verificati notevoli cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, riflessi per esempio nella caduta della Spesa nel settore delle Scommesse ippiche o dei Giochi numerici a totalizzatore o nella crescita accelerata delle Lotterie istantanee. Ma questo non sembra, alla luce delle poche stime di cui si dispone (disponeva) sul mercato parallelo, il contributo fondamentale alla dinamica del sistema legale. I livelli raggiunti dalla Spesa, e rimasti pressoché costanti nell’ultimo quadriennio, appaiono solo in parte come l’effetto di una reale espansione del mercato (in ipotesi generata da spinte dal lato dell’offerta legale), dovendosi riconoscere che gran parte del gioco movimentato fa probabilmente riferimento a una domanda comunque esistente, altrimenti compressa nell’illegalità, che si è riusciti con pazienza e con rigore a catturare al sistema legale. Dal momento che questa Spesa insiste poi in prevalenza su prodotti ad altissimo Pay Out, ovvero prodotti che agevolano il reingaggio immediato delle somme vinte, si spiegano anche i notevolissimi differenziali nelle cifre che riguardano la Raccolta. Naturalmente, queste conclusioni possono indursi su base probabilistica, e non possono in nessun modo estendersi sino al punto di considerare come prosciugato il bacino del circuito illegale, della cui persistenza le indagini della magistratura non ci fanno dubitare[8]. In ogni caso, alla luce delle vicende che abbiamo ricostruito e delle poche stime esistenti sul mercato illegale, sostenere sic et simpliciter e in linea generale che l’offerta legale sia stata il presupposto fondamentale di un’espansione della domanda che altrimenti non si sarebbe verificata appare discutibile.

Certo, in nessun settore le scelte e le preferenze dei consumatori possono formarsi al di fuori della gamma di prodotti realmente esistenti. L’Amministrazione italiana – ha affermato Aronica – è stata, però, sempre attenta a verificare la qualità e la sicurezza dell’offerta di gioco, anche attraverso il dialogo continuo coi concessionari e la collaborazione con le autorità di regolazione del gioco degli altri paesi: nel settore delle scommesse a quota fissa, è del primo agosto 2016 l’ultimo provvedimento con cui sono state introdotte modifiche alle modalità di offerta del gioco «in ragione delle mutate esigenze dei consumatori anche al fine di migliorare la competitività dei giochi nei confronti dell’offerta irregolare o illegale». L’innovazione dei prodotti ha talvolta anche ampliato la platea dei giocatori (sembra indubbio che sia successo negli anni Novanta con riferimento alle lotterie istantanee), ma non v’è dubbio che, per il resto, l’incontro tra offerta e domanda si era già proficuamente intrecciato sul mercato clandestino.

I risultati descritti sono il frutto di una politica pubblica che ha combinato l’ampliamento e l’articolazione dell’offerta legale con la repressione del gioco clandestino al fine di canalizzare la domanda in un circuito capace di recuperare risorse a vantaggio dello Stato. Anche la Corte di Giustizia UE, sin dal 2003, pur avvedendosi del fatto che l’Italia aveva ampliato le occasioni di gioco, ha ritenuto che la tutela del consumatore e la prevenzione della frode e di turbative all’ordine sociale fossero obiettivi astrattamente perseguibili attraverso gli strumenti di repressione del gioco clandestino intanto introdotti dal legislatore italiano (si veda la legge 401/1989), nonché attraverso il sistema concessorio, «meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti». Naturalmente non è possibile trarre un bilancio sulla base della storia narrata dai soli dati del circui­to legale. Tuttavia questi, che sono i soli disponibili su base sistematica in un arco temporale lungo, inducono a ritenere molto ragionevole l’ipotesi che vi sia stato un importante effetto di travaso della domanda dal circuito clandestino a quello legale. Quella politica, quindi, sembra essere stata, in ragione dell’obiettivo che si era prefissa, un successo. A partire dal 2006, in dieci anni, circa 14 miliardi di euro in più sono stati assicurati all’Erario rispetto alle entrate che si sarebbero realizzate senza interventi miranti a combattere il gioco illegale attraverso un’offerta legale competitiva e attraverso la repressione.

Vi è chi ritiene che tale risultato sia stato però pagato al prezzo di un alto costo sociale. Lo testimonierebbero dati allarmanti sulla diffusione del gioco d’azzardo patologico: dati che, tuttavia, non risultano ancora raccolti sulla base di studi sufficientemente estesi e approfonditi. Lo dimostrerebbe ancora il rendimento decrescente in termini di gettito dell’espansione della Raccolta: ma abbiamo visto che la Raccolta si dilata a dismisura nei giochi ad alto Pay Out; più corretto è guardare alla dinamica della Spesa. Orbene, il declino di alcuni giochi tradizionali, connesso all’evoluzione dei gusti dei consumatori, ha certamente penalizzato l’Erario, in virtù del più alto livello di tassazione che li caratterizza. In ogni caso, nell’arco di un decennio, rispetto a un incremento di 5,4 miliardi della Spesa, il gettito è cresciuto di circa 2 miliardi. Dal 2009, inoltre, il gettito si aggira ormai stabilmente intorno al 50 per cento della Spesa, e semmai tende a riprendere spazio in termini relativi negli ultimissimi anni. Un terzo della maggiore Spesa dei giocatori è stato quindi recuperato allo stato, e ciò senza considerare né gli introiti in conto capitale (i diritti di accesso al mercato) né i proventi ulteriori derivanti dalla tassazione diretta sui soggetti della filiera industriale. Chi può affermare con sicurezza che quella maggiore Spesa non ci sarebbe stata in assenza di un’offerta legale? Chi può affermare senza dubbi che la domanda altrimenti rivolta al circuito parallelo sarebbe stata completamente e semplicemente sterilizzata da interventi dell’apparato repressivo?

È forse sulla base di un bilancio emotivo e non di dati completi e attendibili che oggi si invoca un cambiamento di rotta. Da parte di molti enti locali, che pongono limiti severi alla localizzazione e agli orari dei punti di vendita del gioco, si assumono posizioni che confinano con un proibizionismo di fatto. Si tratta di punti di vista legittimi che, nella versione più coerente, restituiscono una forte centralità alle politiche di repressione, rinunciando allo strumento ulteriore (una diffusa offerta pubblica legale) di cui lo stato aveva inteso dotarsi. È sorprendente, tuttavia, che le ragioni del proibizionismo riconquistino in questo settore lo spazio che vanno perdendo in altri. Mentre, quindi, nel mese di luglio di questo 2016 non si è ancora raggiunto un accordo utile nella Conferenza Unificata Stato-Regioni-Enti Locali, convocata allo scopo di individuare criteri omogenei di distribuzione dei punti di vendita del gioco, ha iniziato il suo cammino in Parlamento il disegno di legge sulla cannabis, preceduto da dichiarazioni favorevoli alla legalizzazione della Direzione Nazionale Antimafia, ovvero di una componente guida assai autorevole del nostro apparato repressivo”, ha concluso Aronica. lp/AGIMEG