Spesa per il gioco nel mondo 2016: gli USA guidano la classifica (117 miliardi), seguiti da Cina (62,4) e Giappone (24,1). Italia (19,0) in quarta posizione ma solo ottava per spesa procapite

Gli Stati Uniti guidano la classifica dei Paesi che nel 2016 hanno speso di più nel gioco, con 117 miliardi di dollari, seguiti dalla Cina con 62,4 miliardi e dal Giappone con 24,1 miliardi. In questa speciale classifica, secondo l’analisi di un’importante società britannica, l’Italia si piazza in quarta posizione con una spesa effettiva (giocate al netto delle vincite) pari a 19 miliardi, precedendo l’Australia (18,3 miliardi) e il Regno Unito (18 miliardi). Tra i Paesi che hanno maggiormente puntato nel gioco lo scorso anno figurano in Top ten anche Canada (12,4 miliardi), Germania (11,2 miliardi), Francia (10,4 miliardi) e Spagna (8,9 miliardi), ma nelle prime 15 posizioni si piazzano anche Corea del Sud, Singapore, Brasile, Svezia e Olanda. Tuttavia, in rapporto alla popolazione, la maggiore spesa procapite è quella dell’Australia, con oltre 1.000 dollari all’anno, seguita da Singapore a quota 650 dollari, mentre l’Italia si piazza solamente in ottava posizione con una spesa procapite di circa 400 dollari, dietro a Irlanda, USA, Nuova Zelanda, Canada e Finlandia.

Nel 2016 il mercato mondiale dei giochi ha complessivamente raggiunto 385 miliardi di dollari, di cui l’11% proveniente dall’online, pari a oltre 42 miliardi. Negli USA, primi in classifica, si stima che il giro d’affari valga in totale 154 miliardi, con un peso preponderante del gioco illegale (in moltissimi Stati il gioco è ancora vietato, ad eccezione di New Jersey, Nevada, e Delaware): ad esempio, nella finale del Super Bowl, su 4,7 miliardi di dollari puntati, il 97% (4,5 miliardi) sono arrivati da siti non autorizzati, secondo una stima dell’ American Gaming Association (AGA). Numeri alla mano, il secondo Paese al mondo per spesa, la Cina, avrebbe potuto registrare numeri ancora più alti rispetto ai 62,4 miliardi totalizzati nel 2016, se non fosse stato per il giro di vite contro la corruzione voluto dal presidente cinese Xi Jinping, lanciato nei primi mesi del 2014 e che continua ancora oggi, che ha penalizzato Macao. lp/AGIMEG