Bingo, dal canone di concessione al pagamento canoni con sale chiuse e questione cartelle: perché la “tombola” moderna rischia di scomparire

Due anni di pandemia, con conseguente chiusura delle attività di gioco per mesi imposta dal Governo, non ha fatto sconti neanche al settore del Bingo. La chiusura delle sale quale strumento di contrasto al diffondersi della pandemia ha fatto registrare, nel solo 2020, una riduzione, rispetto al 2019, del 55% della Raccolta, del 53,3% delle Vincite e del 59,2% della spesa, mentre l’erario ha perso il 48,7% delle entrate.

Numeri che dimostrano il momento di grande crisi che sta attraversando il comparto, che oggi dà lavoro a 10mila persone dislocate nelle 189 sale presenti in Italia, con una raccolta che rappresenta l’1,5% del totale degli incassi del gioco legale nel nostro Paese.

Una situazione divenuta sempre più insostenibile – l’allarme delle associazioni del Bingo – in quanto al calo della raccolta si somma il pagamento del canone concessorio relativo ai mesi in cui le sale sono rimaste chiuse, una cifra che si aggira sui 10-11 milioni di euro. La richiesta degli operatori del settore è quella di far tornare il canone concessorio dagli attuali 7.500 euro per sala a 2.800 euro mensili (inizialmente il canone era stato fissato proprio in 2.800 euro, poi era passato a 5.000, infine con la legge di Bilancio 2018 ha raggiunto i 7.500 euro ndr), almeno per il periodo compreso fra il 1° giugno 2021 e il 31 dicembre 2022. Una misura che garantirebbe una boccata d’ossigeno alle tante sale in forte affanno.

Il Governo era intervenuto nella prima fase della pandemia stabilendo il blocco al pagamento del canone, misura non confermata nella seconda fase pandemica, motivo per il quale ai proprietari delle sale bingo è stato stato richiesto il pagamento dei periodi in cui le sale sono rimaste chiuse.

Altro nodo cruciale che necessita di misure immediate per risollevare il settore è quello relativo al pagamento delle cartelle. Le associazioni chiedono che venga posticipato a 90 giorni e che le cifre non vengano versate, come invece accade oggi, anticipatamente, in modo da garantire alle sale di poter avere più liquidità nell’immediato. A tutto ciò si aggiunge il fatto che nessuna banca ha dato la possibilità alle sale, per superare la crisi, di accedere ai finanziamenti dello Stato garantiti dalla Cassa depositi e prestiti, al contrario molti istituti di credito hanno addirittura chiuso i conti in quanto operatori di gioco.

Per questo motivo le associazioni del bingo chiedono che la politica si attivi con interventi mirati per difendere la storica ‘tombola‘, uno dei giochi più amati che rappresenta per molti italiani un momento di socialità e di incontro, ma che mai come in questo momento storico rischia di scomparire. Il 30% delle sale bingo rischia infatti di chiudere per sempre già nel primo trimestre 2022.

Una possibile soluzione a questa situazione critica è stata avanzata da un emendamento a firma dei senatori Gianni Pittella (PD) e Daniele Manca (PD), che propone di portare gli importi da corrispondere per la proroga delle concessioni del Bingo a 2.800 euro per ogni mese o frazione di mese superiore a quindici giorni e a 1.400 euro per frazioni di mese pari o inferiore a quindici giorni. Per il solo periodo dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2023, ciascun concessionario avrebbe la facoltà di versare il prelievo erariale e il compenso previsto per il controllo centralizzato del gioco entro novanta giorni dal ritiro delle cartelle e, comunque, entro il 15 dicembre di ciascun anno per il periodo relativo all’ultimo trimestre. Non sarebbero invece dovuti gli oneri concessori relativi al periodo di sospensione dell’attività di raccolta dovuta allo stato d’emergenza.

Un altro emendamento, a firma del senatore PD Tommaso Nannicini, prevede che le sale gioco siano esentate dal pagamento degli oneri dovuti per ‘i periodi di sospensione dell’attività’, da intendersi riferita a ciascun mese o frazione di mese interessato dalle prescrizioni di chiusura al pubblico per fronteggiare l’emergenza pandemica. Insomma sembra un controsenso chiedere un canone per un diritto di fatto “congelato”.

Emendamento in materia di bingo presentato anche dalla Lega, che prevede una rideterminazione dei canoni di concessione a 2.800 euro (1.400 euro per frazione di mese pari o inferiore a 15 giorni), annullamento degli oneri concessori relativi al periodo di sospensione dell’attività di raccolta e infine la facoltà per il concessionario di versare il prelievo erariale e il compenso previsto per il controllo centralizzato del gioco in maniera differita entro 90 giorni dal ritiro delle cartelle. cr/AGIMEG