Tar Lazio: legittimo bando di gara 2000 negozi di gioco

Il Tar Lazio si è espresso ieri in merito al ricorso presentato da un bookmaker maltese contro la procedura di gara per l’affidamento in concessione di 2.000 diritti per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici dichiarandolo inammissibile.

“La vicenda contenziosa – spiegano i giudici – si inscrive in un più complessivo e complesso contesto di riferimento storicamente caratterizzato dall’evoluzione della disciplina normativa in materia di giochi e scommesse e dall’intervento di pronunce della Corte di Giustizia CE che ha vagliato la compatibilità con il Trattato CE della disciplina nazionale in materia di concessioni dell’esercizio delle attività inerenti il gioco e le scommesse e delle procedure di affidamento di concessioni per l’esercizio dei giochi”.

La società ricorrente di nazionalità maltese, è titolare delle licenze di bookmaker per il gioco online rilasciate nel Paese di appartenenza ed opera in territorio italiano attraverso una rete di franchising realizzata mediante Sportelli Virtuali, gestiti da soggetti autonomi e indipendenti, legati alla società maltese da contratti di affiliazione commerciale regolati dalla legge maltese, che svolgono attività di internet point e di intermediazione telematica promuovendo un rapporto diretto tra il giocatore e la società di scommesse attraverso l’apertura di un conto gioco, sulla base di autorizzazione del Ministero delle Comunicazioni, in attuazione del principio di libertà di stabilimento di cui all’art. 49 del T.F.U.E.

L’attività transfrontaliera viene esercitata in Italia, attraverso i titolari degli Sportelli Virtuali o Centri Elaborazioni Dati, senza alcun titolo concessorio e senza l’autorizzazione di Polizia, il cui rilascio, ai sensi dell’art. 88 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza di cui al Regio Decreto 18 giugno 1931 n. 773.

Muovendo dall’assunto che lo scopo dell’Amministrazione dei monopoli di adeguamento delle regole nazionali ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di Giustizia 16 febbraio 2012 (c.d. sentenza Costa-Cifone) implichi l’intento di regolarizzare la posizione degli esercizi pubblici che operano in qualità di Centri Elaborazione Dati o Centri Trasmissione Dati in favore di bookmakers comunitari, lamenta parte ricorrente l’esiguità del numero di concessioni da affidare – stabilite in 2.000 – a fronte del numero di centri presenti in territorio italiano – superiore a 5.000 – denunciando inoltre come tale scopo sia stato frustrato dalla circostanza che le concessioni riguardano un’attività del tutto diversa da quelle dei Centri.

Le concessioni da affidare con la contestata gara non consentirebbero, quindi, la prosecuzione dell’attività svolta dai ricorrenti attraverso lo Sportello Virtuale, ed in ciò risiederebbe la volontà di non partecipare alla selezione.

 

“L’esercizio, da parte dei ricorrenti, in territorio italiano, di attività di raccolta di gioco e scommesse attraverso gli Sportelli Virtuali senza concessione e senza autorizzazione, – hanno affermato i giudici – va riguardata alla luce delle pronunce della Corte di Giustizia che hanno dichiarato contrastante con i principi del Trattato la regolamentazione italiana succedutasi nel tempo in materia di concessioni per la raccolta di giochi e scommesse.

Con sentenza del 16 febbraio 2012 adottata sulle Cause riunite C-72/10 e C-77/10, c.d. Costa-Cifone, la Corte di Giustizia – chiamata a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali relative alla normativa italiana come delineata dal decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. decreto Bersani) – ha rilevato la contrarietà al diritto dell’Unione della normativa nazionale che, nel tentare di rimediare all’esclusione di una categoria di operatori dall’attribuzione di concessioni per l’esercizio di un’attività economica in violazione del diritto dell’Unione, metta a concorso un numero rilevante di nuove concessioni proteggendo le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti attraverso la previsione della necessità di distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli di tali operatori esistenti.

Parte ricorrente riferisce, di non intendere richiedere il rilascio delle concessioni di cui alla gravata selezione in quanto riferite a modalità di esercizio dell’attività di gioco, attraverso agenzie di scommesse, diverse da quelle con cui opera in Italia, rivelandosi la partecipazione alla gara gravemente lesiva dei diritti di libertà imprenditoriale e di iniziativa economica, non consentendo le concessioni messe a gara la prosecuzione delle attività poste in essere dagli Sportelli Virtuali nelle loro concrete modalità operative, con conseguente carattere antieconomico della partecipazione alla gara per dover rinunciare alla raccolta telematica limitandosi a quella terrestre.

La portata delle sentenze della Corte di Giustizia riverbera effetti solo con riferimento alla non suscettibilità di applicazione delle sanzioni penali per l’esercizio del gioco da parte di operatori illegittimamente esclusi dalle precedenti gare in virtù di una disciplina contraria ai principi del Trattato, senza che venga in alcun modo scalfito il sistema concessorio, ritenuto ammissibile in quanto giustificato da scopi di interesse generale e, di per sé, proporzionato al perseguimento degli stessi, fermo restando il limite del rispetto del criterio di proporzionalità delle singole misure adottate e la garanzia della trasparenza, dell’apertura al mercato, di non discriminazione e di imparzialità delle relative procedure di affidamento, che non devono creare o rafforzare posizioni di privilegio nei confronti dei precedenti concessionari.

Non viene, quindi, affermata, nelle citate pronunce, la conformità del modus operandi della ricorrente attraverso i propri Sportelli al diritto interno italiano così riconoscendo alla stessa una sorta di esenzione dall’assoggettamento alla disciplina interna di carattere concessorio ed autorizzatorio.

La giurisprudenza comunitaria è, dunque, chiara nel riconoscere la compatibilità del sistema concessorio ed autorizzatorio al diritto comunitario, limitandosi le indicate pronunce ad affermare come in ragione dell’illegittima esclusione di un operatore da una gara non possano derivare conseguenze sul piano penale, dovendo al riguardo rilevarsi come parte ricorrente abbia conseguito la licenza di bookmaker solo in data 20 agosto 2012, e non può quindi qualificarsi – in disparte l’efficacia che si intenda attribuire alle citate sentenze – quale operatore illegittimamente escluso dalle precedenti gare”.

rg/AGIMEG