Tar Emilia Romagna, respinto ricorso di un CTD contro il diniego della licenza di PS

Il Tar Emilia Romagna, sezione di Parma ha respinto il ricorso presentato da un centro trasmissione dati collegato ad un bookmaker estero che aveva impugnato il diniego del Questore alla licenza di pubblica sicurezza. Nel respingere il ricorso, i giudici di Parma hanno affermato che “ la sentenza CGCE, c 338-04 Placanica, riconosce che il divieto imposto da uno Stato membro all’esercizio di una attività di accettazione e trasmissione di proposte di scommesse in assenza di concessione costituisce, in astratto, una violazione dei principi di cui agli artt. 43 CE e 49 CE. Deve, tuttavia, rilevarsi che la stessa sentenza ritiene compatibili con i superiori principi comunitari la previsione di talune restrizioni a titolo di misure derogatorie, nei sensi di cui agli artt. 45 CE e 46 CE, demandando al sindacato del giudice nazionale la valutazione circa la proporzionalità e ragionevolezza della limitazione imposta. La previsione di restrizioni all’esercizio di attività ai sensi degli artt. 45 e 46 CE in ragione di esigenze di ordine generale, e sempre nei limiti del rispetto del principio di proporzionalità, è stata riconosciuta dalla Corte anche con sentenza CGCE C- 72 e 77- 2010 Costa – Cifone. Dalle citate pronunzie non è dato, pertanto, ricavare alcun giudizio di assoluta contrarietà del sistema concessorio nazionale, in quanto tale, al diritto comunitario che, al contrario, ammette, come evidenziato,limitazioni alle libertà riconosciute dagli artt. 43 e 49 CE ai sensi degli artt. 45 e 46 CE alla sola condizione che trovino giustificazione in motivi imperativi d’interesse generale, siano rispettose del principio di proporzionalità e siano coerenti con gli obiettivi perseguiti”. “I principi della comunità europea – si legge nella sentenza –  ammettono la possibilità di gestione autonoma del settore da parte degli Stati membri, anche perché la materia non è soggetta ad armonizzazione comunitaria. I principi poi di libera concorrenza e di non discriminazione trovano eccezioni nei trattati ove sia in gioco la difesa dell’ordine pubblico e della sicurezza, oltre che in vista di altri fini sociali, ma in tale caso va verificato il principio di proporzionalità tra gli scopi che si prefigge il legislatore nazionale e gli strumenti utilizzati. La valutazione della coerenza con i principi comunitari va effettuata dal giudice nazionale il quale può peraltro, se del caso, anche disapplicare la normativa interna contrastante con i principi comunitari (… ) gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, la circostanza che un operatore disponga, nello stato membro in cui è stabilito, di un’autorizzazione che gli consente di offrire giochi d’azzardo non osta che un altro Stato membro, nel rispetto degli obblighi posti dal diritto dell’Unione, subordini al possesso di un’autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità, per un tale operatore di offrire siffatti servizi a consumatori che si trovino nel suo territorio”. I giudici hanno chiarito che nel caso di specie, la misura adottata è giustificata da concrete ragioni di interesse generale che escludono il preteso travalicamento dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità. Il Consiglio di Stato, definendo una controversia di analogo contenuto, ha avuto modo di affermare che “a fronte di una domanda con cui veniva chiesta l’autorizzazione unicamente a favore di un soggetto dichiaratamente estraneo all’organizzazione e alla gestione delle scommesse, e sostanzialmente irresponsabile circa l’esito dei contratti, non poteva che fare riferimento all’assenza della concessione, che, non solo era compatibile con l’ordinamento comunitario, ma costituiva anche l’unico strumento attraverso il quale diventava possibile l’esatta individuazione dell’effettivo gestore” pervenendo alla conclusione che “dal quadro normativo di riferimento emerga come la qualità di concessionario costituisca presupposto imprescindibile, laddove stabilisce che la licenza può essere data esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti, ai quali la legge riserva, appunto, la possibilità di svolgere l’attività suddetta. Quindi, come già riferito, la provenienza della domanda da un soggetto avente la natura giuridica di sopra individuata, e pertanto sostanzialmente privo del titolo legittimante, avrebbe ingenerato incertezze presso gli stessi scommettitori. Tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare l’autorizzazione, in quanto si pone in contrasto con le esigenze di tutela del consumatore, anch’esse protette dal diritto comunitario”. lp/AGIMEG