Rodano (Aams): “Il 75% del business online è in mano a una decina di operatori”

“La regolamentazione del gioco online non è un modo di fare cassa. I numeri in questo senso sono evidenti. Quella dei giocatori online è una platea ristretta, oltretutto come ha evidenziato al ricerca, si è ulteriormente ridotta del 12%. Inoltre i due terzi dei giocatori spende meno di 50 euro”. Lo ha detto Francesco Rodano, a capo dell’Ufficio Gioco a Distanza di Aams, nel corso della presentazione della ricerca “Il Gioco Online in Italia: tra maturità e innovazione” condotta dall’Osservatorio Gioco Online del Politecnico di Milano. “Bisogna considerare inoltre che ci sono nuove forme di gioco online che potrebbero drenare risorse da questo settore, e che il giocatore online sta invecchiando”. Rodano ammette che il mercato dell’online va verso un ulteriore consolidamento: “il 75% del business è in mano a una decina di operatori”.

Rodano (Aams): “I produttori di gioco online hanno deciso di dare una mano al regolatore”

“Nei primi anni c’era una sorta di corsa all’oro. Si presentavano persone improbabili, convinti che bastasse aprire una bella vetrina da cui offrire giochi. In realtà il mercato non ha raggiunto i livelli che si pensavano e si è dimostrato difficilmente sostenibile per molti soggetti: da un lato i costi di acquisizione di un cliente sono elevatissimi, dall’altro continua a esistere la concorrenza dei siti esteri”. Lo ha detto Francesco Rodano, a capo dell’Ufficio Gioco a Distanza di Aams, nel corso della presentazione della ricerca “Il Gioco Online in Italia: tra maturità e innovazione” condotta dall’Osservatorio Gioco Online del Politecnico di Milano. Per Rodano “da qualche mese a questa parte qualcosa ha iniziato a muoversi. Tutti i maggiori produttori di gioco online hanno deciso di dare una mano al regolatore, interrompendo i rapporti con gli operatori senza concessione”. Rodano ha ricordato che il primo è stato Playtech, ma ha anche precisato che molti provider non quotati in borsa stanno agendo nell’ombra. “Non era un sostegno scontato: non abbiamo poteri giurisdizionali nei loro confronti, e ovviamente si tratta di scelte contrarie ai loro obiettivi. Li abbiamo convinti con un ragionamento a lungo termine: se il sistema italiano si dimostra economicamente sostenibile, è  probabile che un numero sempre crescente di giurisdizioni decida di regolamentare il mercato. E questo quindi finisce con l’incentivare anche il business dei fornitori di tecnologia. Se il modello italiano collassa, invece, è probabile che le giurisdizioni estere adottino regolamentazioni restrittive”.  gr/AGIMEG