Riforma P.A., decreto partecipate: controllo affidato al Mef, criteri tagli più soft. Testo atteso oggi in Cdm, coinvolti anche i Casinò italiani

Affidare ad una struttura da individuare all’interno del Mef il monitoraggio sui tagli alle partecipate, rendere meno rigidi i criteri per la chiusura delle società, abbassando a 500mila euro la soglia di fatturato sotto cui tagliare e individuando una percentuale per la sforbiciata di quelle in perdita, non inferiore al 5%. Sono queste le principali modifiche apportate dal governo al decreto sulle partecipate, atteso per stasera in Consiglio dei ministri, rivisto in alcune sue parti, in linea con i pareri parlamentari che hanno suggerito diverse correzioni. Come anticipato nei mesi scorsi da Agimeg, uno dei cardini della riforma della pubblica amministrazione prevede il taglio delle aziende partecipate dagli enti pubblici – tra cui figurano anche quelle che gestiscono i Casinò italiani – che da 8 mila dovranno scendere a 1.000. Prevista anche una tagliola sui manager: nel giro di un anno e mezzo, infatti, le amministrazioni dovranno eliminare le partecipazioni non necessarie o con più amministratori che dipendenti per poi arrivare all’amministratore unico. Ogni anno dovrà essere fatto un piano di razionalizzazione e in caso di esuberi è prevista la mobilità obbligatoria. Una norma ad hoc fisserà i nuovi massimi per i manager, niente buone uscite e niente premi con risultati economici negativi. Il piano straordinario di tagli scatterà a 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, annuncia che “prima dell’estate sarà legge dello Stato. Quel decreto è stato approvato in via preliminare in Consiglio dei ministri, ha avuto tutti i pareri che doveva avere, Consiglio di Stato, Conferenza Unificata, le due commissioni parlamentari. Oggi lo ridiscutiamo e credo lo approveremo in Cdm. C’è poi un tempo tecnico che sarà al massimo di due settimane, qualora non recepissimo tutte le condizioni del Parlamento per tornare in Parlamento a motivarlo”. Questa ultima ipotesi al momento sembra essere la più probabile: la lista delle condizioni sollevate da Camera e Senato è molto lunga e non tutte sono state assorbite nel nuovo testo. dar/AGIMEG