‘Mettiamoci in gioco’. Curcio (Sapar): “Grottesco che il dossier rivendichi il mancato introito dell’IVA. Il settore è soggetto ad un Prelievo Erariale Unico”

Libera, al via la campagna “Mettiamoci in gioco”

 

La presentazione di ieri del dossier “Azzardopoli 2.0” ha dato agli organi di informazione nuovi spunti per attaccare frontalmente il settore degli apparecchi, con toni di disprezzo forte e, soprattutto, con una lettura volutamente distorta dei dati.

 

“L’ondata dello scandalismo – dichiara Raffaele Curcio, Presidente della Associazione Nazionale SAPAR – fa leva innanzitutto sulla quota pro capite giocata dagli italiani. Ma prima di entrare nei numeri bisogna dare evidenza ad un aspetto che molti trascurano: ciò che gli italiani spendono effettivamente del gioco, per circa la metà viene riutilizzata dallo Stato per le sue finalità istituzionali, mentre l’altra metà va a remunerare il lavoro delle oltre 150.000 famiglie occupate nel settore.

Passando ai dati cerchiamo di ristabilire la verità dei fatti. Il dossier “Azzardopoli 2.0” parla di circa 1890 euro pro capite, calcolata sulla popolazione maggiorenne, che è di poco superiore ai 50milioni di persone. Ebbene, considerando che nel 2011 dei 79,9 miliardi giocati, 61,5 sono stati restituiti in vincite, la spesa effettiva è stata di 18,4 miliardi. Pertanto, la spesa pro capite non supera i 368 euro l’anno. Nel 2012, alla luce dei dati rilasciati da Aams per i primi 8 mesi dell’anno , sappiamo che la raccolta totale è stata di 56,5 miliardi, di cui 45,26 sono andati in vincite; pertanto, la spesa effettiva è stata di 11,24 miliardi, corrispondente a circa il 20%. Ora, non avendo motivi per pensare che questa percentuale sia destinata a mutare sensibilmente entro la fine dell’anno, qualora la raccolta, come si afferma da più parti, si dovesse attestare sui 94 miliardi (ma le nostre stime sono di circa 88 miliardi), la spesa effettiva sarebbe di 18,8 miliardi che, divisa per i 50 milioni di abitanti maggiorenni, dà luogo a una spesa pro capite di 376 euro. Ovvero, siamo praticamente nell’ordine di un euro al giorno.

 

Quanto al cosiddetto costo sociale del gioco, non ho elementi certi per dire se la stima compresa tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro annui dichiarata da Libera sia attendibile. Di certo c’è che è semplicemente grottesco dire che a questa ipotetica somma vadano aggiunti i mancati introiti dell’Iva, dato che chiunque abbia una conoscenza anche minima del settore del gioco sa bene che l’esenzione Iva è funzionale all’esistenza di un Prelievo Erariale Unico (PREU) e che il regime di esenzione impedisce agli operatori di scontare l’Iva sugli acquisti.

 

Con ciò premesso, vi sono due cose da ribadire fermamente. La prima è che se il settore non fosse regolato da un rigidissimo regime concessorio, nel quale tutte le aziende e le figure professionali coinvolte a vario titolo sono iscritte agli elenchi di Aams, avendo dimostrato il possesso dei numerosi requisiti richiesti, e se gli apparecchi stessi non fossero monitorati h24 dalla rete telematica, si rischierebbe realmente di trasformare l’Italia in una bisca a cielo aperto. La seconda è che, effettivamente, sotto il profilo numerico il settore degli apparecchi ha conosciuto un’espansione eccessiva e pertanto non saremmo contrari ad una revisione dei parametri quantitativi di installazione all’interno degli esercizi pubblici e commerciali.

 

Nessuno tra gli operatori del settore degli apparecchi da gioco trascura la necessità di prestare la massima attenzione all’impatto sociale che questo tipo di attività può avere, né tanto meno sottovaluta i rischi connessi ad un uso non corretto degli apparecchi. Questa sarebbe una condotta irresponsabile e dannosa sotto tutti i punti di vista, perché se non si prestano determinate tutele nei riguardi dell’utenza e degli ambienti in cui il gioco viene offerto, siamo noi i primi a risentire degli effetti negativi che ne derivano.

 

Comunque qui ormai ci troviamo di fronte ad un paradosso clamoroso: mentre per anni tutta la filiera di settore ha lavorato duro per conquistare un mercato che in precedenza era quasi totalmente nelle mani dell’illegalità, oggi è essa stessa a trovarsi al centro del mirino, come se fossero proprio gli operatori ad innescare quei meccanismi “perversi” che portano la gente a spendere sempre più nel gioco. E purtroppo noto che ancora in molti non si rendono conto del fatto che combattere la legalità significa indebolire il sistema e riconsegnarlo alle organizzazioni criminose.

 

Oltre a questo, bisogna tener conto di un fatto molto importante, che è stato ben segnalato da un quotidiano nazionale: mentre si combattono le slot installate nei luoghi pubblici, i concessionari del gioco online sono stati appena autorizzati a proporle sui propri siti internet e sui dispositivi mobili. E questo mi sembra un controsenso vistoso, in termini di tutela del giocatore.

 

Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, anch’esso al centro delle attenzioni, mi sembra sin troppo evidente come la stessa Aams stia ragionando sul rivedere nella sua interezza il sistema impositivo, ma ciò richiede del tempo e grande accortezza, perché, come ha affermato il Direttore Magistro, bisogna evitare che il gettito ne sia compromesso. In merito alle slot, vorrei ricordare ancora una volta che a partire dal 1° gennaio 2013 il Preu salirà al 12,7%, che corrisponde al 50,8% della tassazione sull’introito netto, dopo il pagamento delle vincite. E se al Preu aggiungiamo lo 0,3% di spettanza Aams e lo 0,5% che viene redistribuito ai concessionari, gli operatori versano il 54% dell’utile”. Cd/AGIMEG