Lodo Di Maio, entro l’estate la sentenza. Ecco le conclusioni di agenzie e Ministeri

E’ attesa entro l’estate la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma si pronuncerà sul lodo Di Maio, emesso nel 2003 per risolvere la controversia tra Ministero dell’Agricoltura e dell’Economia da un lato, e 170 agenzie di scommesse ippiche dall’altro. La vicenda ruota attorno ai minimi garantiti – ovvero la quota minima di prelievo erariale che le agenzie delle scommesse si era impegnate a versare in fase dai gara – e ha un valore di circa 100 milioni di euro. Tra febbraio e marzo le parti hanno depositato le conclusioni e quindi le repliche finali. Il lodo Di Maio ha accolto le ragioni delle agenzie, riconoscendo che l’equilibrio contrattuale originario sarebbe stato alterato, dal momento che i Ministeri non avevano adottato iniziative sufficienti a contrastare la presenza sul territorio italiano di bookmaker esteri e operatori illegali, non garantendo di conseguenza il diritto dei concessionari a esercitare in via esclusiva la raccolta delle scommesse. Pertanto le agenzie avevano diritto di “trattenere quanto loro qui riconosciuto a titolo di danno dai minimi garantiti”. I Ministeri, con l’appello, hanno sostenuto da un lato l’illegittimità della pronuncia, e dall’altro hanno asserito non fosse loro compito garantire l’esclusività della raccolta. Sotto il primo profilo, infatti, hanno impugnato la clausola della concessione che consentiva alle sole agenzie di chiedere un lodo per risolvere le controversie eventualmente sorte con il rapporto: alle Amministrazioni statali sarebbe stato impedito di “declinare la competenza” del giudice cui rivolgersi comportando “l’istaurazione di un arbitrato obbligatorio'”, e una disparità di trattamento tra le parti. Sotto il secondo profilo, invece, le Amministrazioni hanno eccepito che il bando non riconosceva alcun diritto di raccolta esclusiva delle scommesse, ma poneva solo le basi per la creazione di una rete di mille punti. Inoltre, le indagini condotte dal prof. Chiappetti – già esibite all’epoca dell’arbitrato – dimostravano tra le altre cose che l’esistenza di operatori paralleli o illegali fosse cosa nota, che non fosse possibile stimare le dimensioni del mercato illegale (in via approssimativa si poteva ritenere avesse le stesse dimensioni di quello autorizzato), e che l’attività esercitata dai bookmaker esteri via internet riguardasse in via principale gare sportive, mentre le scommesse sulle corse ippiche avessero una rilevanza infinitesimale. Le agenzie hanno replicato che la clausola compromissoria era stata inserita dalle Amministrazioni nella convenzione, e che esse non avevano potere di chiedere alcun tipo di modifica. Per quanto riguarda la concorrenza di operatori illegali e paralleli, invece, le agenzie hanno ricordato di aver effettuato le proprie offerte “tenendo conto di quel quadro di convenienze e di opportunità economiche e quant’altro, offerte da un mercato protetto da un regime di esclusiva”. L’insorgere di situazioni anomale, pertanto, avrebbe alterato l’equilibrio contrattuale. gr/AGIMEG