Licenze di PS per i soggetti senza concessione, Tar Calabria solleva nuova questione legittimità costituzionale su competenza esclusiva Tar Lazio

Pubblicate in Gazzetta Ufficiale tre ordinanze con cui il Tar Calabria (Sezione staccata di Reggio Calabria) ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla norma che affida la competenza esclusiva sui ricorsi in materia di giochi al Tar Lazio. La questione è stata sollevata in tre ricorsi riguardanti il rilascio della licenza di pubblica sicurezza da parte del Questore a soggetti non in possesso della concessione per la raccolta delle scommesse. La questione di legittimità sulla norma – l’art. 135, lett. q-quater), del codice di procedura amministrativa, introdotto con l’art. 10, comma 9-ter, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, poi convertito con la legge 44 del 2012 – era già stata sollevata dal Tar Bari e dallo stesso Tar Calabria. Con le ultime ordinanze, il giudice amministrativo reggino ritiene la norma contraria agli artt. 3, 25, 125, 24 e 111 della Costituzione. Il Tar ricorda infatti che l’art. 10 del decreto legge contiene una serie di misure “funzionali al raggiungimento di determinati obiettivi, quali «contrastare efficacemente il pericolo di infiltrazioni criminali» nei giochi pubblici, «acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori», «assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari, finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali e il riciclaggio di denaro di provenienza illecita» e così via”. E rileva che l’affidamento della competenza esclusiva al Tar Lazio “non si presenta, invece, connessa ad alcuna di queste finalità”, e anzi appare in contrasto con “gli obiettivi di penetrante controllo del territorio che la normativa «sostanziale» intende perseguire”. E sotto questo ultimo aspetto rileva che “l’ampliamento della struttura del Tar romano, in parte dovuto anche allo smisurato aumento, nel corso degli anni, delle sue competenze (tribunale oggi composto da ben dodici sezioni, con circa cinque sei magistrati per sezione), unitamente al problema dell’efficiente organizzazione del lavoro (compresa la necessaria rotazione delle materie e dei giudici fra le sezioni), fa sì che esso non si presenti neppure in astratto idoneo ad assicurare l’ambita uniformità o, paradossalmente, si presenti addirittura come il meno idoneo”. Inoltre, la norma contrasta con l’art. 125 della Costituzione che “sancisce il principio del decentramento a livello regionale della giurisdizione amministrativa, nell’ottica di una necessaria prossimità del giudice ai fatti di cui è chiamato a conoscere”. E ancora il giudice amministrativo rileva un conflitto con gli artt. 24 e 111 della Costituzione: “La concentrazione presso un unico ufficio giudiziario (il Tar con sede in Roma) rende assai più difficoltoso l’esercizio concreto del diritto di difesa e configge con il canone della ragionevole durata del processo”. E spiega che da un lato “si costringe colui che intende agire (o resistere) a tutela della propria posizione soggettiva ad affrontare spese ulteriori ed aggiuntive, rispetto a quelle già molto elevate richieste comunque per l’accesso alla giustizia (anche a causa dei continui aumenti del contributo unificato), rendendo così gravoso ed ostacolando in modo eccessivo l’utile esercizio del diritto di difesa, specie se si considera che la nuova disciplina premette la verifica della competenza anche alla decisione sulla domanda cautelare, e nel contempo si rende più difficoltosa e meno tempestiva la difesa processuale dell’Amministrazione resistente”. Dall’altro, “l’incremento smisurato di vario contenzioso presso un unico Tar (…) rende inevitabilmente sempre più lungo il tempo medio di durata dei relativi processi”. rg/AGIMEG