Il Tar Lombardia dichiara illegittimo il regolamento anti-slot del comune di Pioltello

Dopo aver accolto la domanda di sospensione cautelare presentata nel luglio scorso dal gestore di una sala giochi di Pioltello, il Tar Lombardia, esprimendosi nel merito, ha dichiarato fondato il ricorso nel quale il gestore chiedeva l’annullamento del regolamento comunale che limitava l’installazione degli apparecchi da intrattenimento.

La società ricorrente criticava in particolare l’incompetenza del comune ad adottare un regolamento del genere e la violazione di legge perpetrata in lesione della libertà di iniziativa economica.

 

 

Nell’approvare i motivi presentati dalla società, i giudici milanesi hanno spiegato: “Le Amministrazioni comunali possono regolare tali attività mediante l’esercizio del potere previsto dall’art.50, comma 7, del D.lgs. 267/2000, cioè graduando, in funzione della tutela dell’interesse pubblico prevalente, gli orari di apertura e chiusura al pubblico.

Il regime di liberalizzazione in vigore è, quindi, applicabile soltanto agli esercizi commerciali e quelli di somministrazione, mentre sono esclusi i pubblici esercizi, salvo che l’attività di gioco o scommessa sia svolta – in modo accessorio o, comunque, non prevalente – all’interno delle due tipologie commerciali sopra individuate: ipotesi che, però, non riguarda la società ricorrente, che gestisce le viste attività in forma esclusiva.

Dall’esame delle viste disposizioni emerge, ad avviso del Collegio, uno sviamento dell’Amministrazione dall’esercizio dei poteri ad essa attribuiti dall’art. 50, comma 7 del D.lgs. 267/2000, che invece circoscrive la competenza dei Comuni alla regolazione degli orari di apertura e chiusura dei pubblici esercizi. Nel caso di specie, di contro, la limitazione all’insediamento di tali attività è stata perseguita mediante l’approvazione – in un regolamento nominalmente destinato a disciplinare “il funzionamento di sale pubbliche da gioco e per l’installazione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da intrattenimento e svago” – di prescrizioni di natura urbanistica, da ritenersi illegittime in quanto dirette ad inibire l’avvio di simili iniziative “in altri ambiti urbanistici contermini a quello interessato dall’istanza di rilascio della licenza”.

 

 

Inoltre va considerata la mancanza di una approfondita istruttoria a fondamento del regolamento comunale. Secondo i giudici “l’Amministrazione si è limitata ad eccepire che la finalità perseguita sarebbe fronteggiare le “conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli”, inoltre opponendo che le attività inibite sarebbero “suscettibili di influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate”.

Si tratta, ad avviso del Collegio, di motivazioni insufficienti ed incongrue, non rilevandosi, nell’operato del Comune, l’esperimento di una seria analisi dei fenomeni oggetto di regolamentazione e/o la conduzione di indagini statistiche sulla popolazione comunale effettivamente esposta ai paventati rischi.

Il comparto dei giochi e delle scommesse – hanno concluso – costituisce “un’attività che lo Stato ha sempre ritenuto di proprio esclusivo monopolio ex art. 43 della Carta Costituzionale e sulla quale ha escluso la libertà di iniziativa economica”, rispondendo tale impostazione all’esigenza di garantire un efficace “contrasto del crimine” e di tutelare gli interessi “di ordine pubblico, di fede pubblica, la necessità di tutela dei giocatori, di controllo di un fenomeno che è suscettibile di coinvolgere flussi cospicui di denaro”.

rg/AGIMEG