Giochi, sentenza Cassazione su apparecchi illegali: “E’ reato solo se si dimostra il fine di lucro”

La Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un esercente in provincia di Taranto, condannato a tre mesi di reclusione per aver installato nel suo circolo dieci postazioni che riproducevano il gioco del poker. “Non è stato dimostrato che attraverso gli apparecchi in uso nel locale gestito dalla ricorrente venissero svolti giochi d’azzardo in cui fosse prevalente il fine di lucro rispetto a quello ludico – si legge nella sentenza -. L’accertamento del reato di esercizio di giochi d’azzardo richiede non solo la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, ma, da un lato, la prova dell’effettivo svolgimento di un gioco e, dall’altro, ove si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, la prova dell’effettivo utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente accertare che lo stesso sia ‘potenzialmente’ utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo. Il fine di lucro non può essere ritenuto esistente solo perché l’apparecchio automatico riproduce un gioco vietato, ma deve essere valutato considerando anche l’entità  della posta, la durata delle partite, la possibile ripetizione di queste ed il tipo di premi erogabili, in denaro o in natura”. dar/AGIMEG