Giochi, Fabio Felici (dir. Agimeg) intervista Nadia Toffa (Le Iene): “presto in tv dei servizi “forti” sulla questione del gioco. La Legge Delega sui giochi rischia di portare più problemi anziché risolverli”

Problemi irrisolti, anzi aumentati, dubbi sulla Legge Delega in fatto di gestione del gioco sul territorio, l’educazione preventiva su come confrontarsi con questo mercato: questi ed altro temi sono stati affrontati nell’intervista rilasciata da Nadia Toffa, giornalista della trasmissione tv “Le Iene” in onda su Italia1, a Fabio Felici direttore di Agimeg.  Mai banale e sempre diretta, ecco come Nadia Toffa ha vissuto l’evolversi del settore del gioco dopo l’uscita del suo libro “Quando il gioco si fa duro” e di quello che potrebbe accadere nel prossimo futuro.

 

A distanza di quasi un anno dall’uscita del tuo libro “Quando il gioco si fa duro”, che ha avuto un ottimo successo di pubblico e critica, hai riscontrato dei cambiamenti nel settore del gioco in Italia od i problemi sono rimasti gli stessi?

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I problemi sono più o meno rimasti gli stessi; anzi, a dirla tutta se ne sono creati di nuovi. Molti si aspettavano uno stop alla pubblicità, un controllo più preciso della rete gioco, una diminuzione del numero di proposte ludiche, un investimento su prevenzione ed educazione. Sono sfide che un paese civile dovrebbe intraprendere, ma sono state tutte disattese per ora…

Tu non hai mai parlato di soppressione del gioco in Italia ma piuttosto di una maggiore educazione di chi ne usufruisce ma anche di chi lo propone».

Pensi che a livello politico si stia facendo abbastanza in questo senso?

«In realtà lo Stato sta andando nella direzione opposta. Altro che educazione e prevenzioni. La priorità è fare cassa. E ora più che mai. Lo dimostra il fatto che il nuovo decreto in discussione ora rischia di vanificare gli sforzi di Comuni e Regioni, cancellandone l’autonomia nella gestione del gioco d’azzardo sul territorio. Ebbene tutto questo, se il testo del decreto fiscale previsto dalla legge delega non cambierà, verrà spazzato via. Non è finita qui, rischia di amplificare i danni della ludopatia, del gioco d’azzardo patologico, prevedendo la rimozione (si dice) di 250mila slot machine dai bar, ma non e’ chiaro dal Decreto se saranno sostituite con altrettante nuove macchinette (qualcuno vocifera con nuovi modelli di VLT). Ma c’è poca chiarezza perché non è definito nel dettaglio come, dove e in che misura. Insomma si tolgono le slot a monetine e si introducono nuove VLT a banconote: non è di certo il modo giusto per diminuire l’azzardopatia. Per ultima, ma non per importanza, l’annosa questione della pubblicità; in questo lasso di tempo è stata regolata, ma in modo molto blando. Dunque non posso che essere delusa».




Nel tuo libro lanciavi un grido d’allarme sui possibili rischi di aumento di persone “contagiate” dalla ludopatia. Come si potrebbe prevenire in maniera decisiva il diffondersi di questa nuova “malattia”?



«Sicuramente riducendo l’offerta e limitando i luoghi in cui è possibile scommettere soldi. É l’unica vera soluzione, oltre ovviamente a diffondere un’educazione al consumo dell’azzardo nelle scuole, e attuare campagne di prevenzione. Ma se lo stato va avanti così, cieco, a promuovere la vincita facile, non fa altro che allearsi con i vizi e le debolezze della società per trarne un beneficio puramente economico.



Come “iena” stai preparando altre inchieste sul gioco ed in particolare su specifici settori?



Sono interessata alla materia e dunque non lascerò mai la tematica, anche se ho approfondito in maniera molto dettagliata tanti ambiti. Aspetto di stupirvi con qualcosa di ancora più forte…ci sto lavorando».



Ti rivedremo ancora nella tua nuova veste di scrittrice?



«Ho scritto “Quando il gioco si fa duro” spinta da una passione e dalla necessità che si parlasse di questo nuovo fenomeno, e sono fiera che grazie a questo libro in tanti hanno davvero capito cos’è la “malattia del gioco”. Parlo di nuovo fenomeno perchè le dimensioni che ha assunto ora sono “eccezionali”, e non in senso positivo. Trovassi un altro argomento che mi stimola allo stesso modo, sì, scriverei un libro, e in effetti credo proprio di averlo trovato».