Ctp Sondrio: l’imposta unica su concorsi pronostici e scommesse è dovuta anche da società con sede e che ha attività all’estero

L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è dovuta da tutti coloro che propongano delle scommesse all’interno del territorio dello Stato, anche se l’organizzatore ha sede e svolge la propria attività esclusivamente all’estero. L’imposta è dovuta, in solido, dall’organizzatore straniero e dagli intermediari italiani (Centri di trasmissione dei dati) che raccolgono le scommesse nel territorio nazionale. Sono i principi che si leggono nella sentenza n. 20/01/14 emessa dalla prima sezione della Ctp di Sondrio. La controversia deriva dall’impugnazione di diversi avvisi di accertamento eseguiti dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli di stato (direzione provinciale di Sondrio) e notificati a un noto bookmaker che opera su scala mondiale, con sede in Inghilterra e a Malta; gli stessi avvisi venivano notificati anche all’intermediario italiano che raccoglieva le scommesse all’interno del proprio bar, ritenuto obbligato in solido per il pagamento dell’imposta unica sui concorsi pronostico e sulle scommesse. Tutti i destinatari adivano la Ctp di Sondrio per ottenere l’annullamento degli avvisi di accertamento; nel merito della pretesa, i ricorrenti incentravano le proprie contestazioni sul requisito della territorialità, atteso che essa deve individuarsi nel luogo in cui il contratto di scommessa dovuta in Italia si ritiene concluso, e quindi al di fuori del territorio italiano in questo caso specifico, dove l’organizzatore è appunto un bookmaker estero, senza sedi in Italia. In più, l’azienda italiana (il bar) sosteneva – si legge su Italia Oggi Sette – di non aver comunque alcun obbligo al pagamento dell’imposta, in quanto mero intermediario e centro di trasmissione dati, che non assume alcun ruolo nella gestione della scommessa, se non quella di trasmetterla all’operatore. La Commissione ha bocciato le censure e confermato gli avvisi di accertamento. Quanto alla responsabilità degli intermediari italiani, l’articolo 3 del digs 504/98 è «estremamente chiaro nell’equiparare, ai fini dell’assoggettabilità al tributo, coloro che gestiscono le scommesse per conto proprio e coloro che invece le gestiscono per conto terzi», ragion per cui il soggetto passivo del tributo «non è solo colui che assume in proprio il rischio della scommessa, ma anche colui che, pur svolgendo tutte le attività tipiche del gestore, non assuma il suddetto rischio, agendo per conto di altri». Per quanto riguarda la territorialità, invece, il Collegio richiama l’articolo 1, comma secondo, lett. b) della Legge 3 agosto 1998 n.288, ove si parla di applicazione dell’imposta «alle scommesse accettate nel territorio italiano». E dunque, spiega la Ctp, non si deve guardare al «luogo di conclusione del contratto, bensì al luogo di accettazione della scommessa, ovvero al luogo ove la scommessa viene effettivamente raccolta». lp/AGIMEG