Cristaldi: “Sulle vincite nei casinò esteri la Commissione Tributaria di Perugia ha scelto la via di mezzo”

“In data 20 marzo 2014 la Commissione Tributaria Provinciale di Perugia ha depositato la sentenza n. 173/2/14 relativa al ricorso proposto dal sig. Carlo Braccini contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle entrate di Perugia per l’anno d’imposta 2006, con la quale ha deciso per la cd. “via di mezzo”, cioè ha disposto la disapplicazione delle sanzioni, ritenendo dovute le imposte”.
E’ il commento del dottor Sebastiano Cristaldi e di Alessandro Matti alla sentenza della  Commissione Tributaria di Perugia, che ha accolto solo in parte il ricorso presentato dal giocatore di poker Carlo Braccini cancellando le sanzioni comminate ma confermando la necessità di versare le imposte. Al centro della vicenda una serie di vincite centrate in tornei organizzati all’estero che secondo la legge italiana vengono considerate “altri redditi” e – a differenza di quelle conseguite in Italia – sono assoggettate a tassazione. Una discriminazione di trattamento che ha spinto la Commissione Tributaria di Roma a deferire la questione di fronte alla Corte di Giustizia. Nel giudizio è intervenuta la Commissione Europea, censurando fortemente la normativa italiana. La sentenza della CGE dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno.
“La questione  – si spiega – richiedeva di essere inquadrata e decisa compatibilmente con l’ordinamento giuridico internazionale ed in particolare alla luce dei principi fondanti il diritto dell’Unione europea (Ue), così come interpretati dalla Corte di Giustizia, la quale ha stabilito che, in caso di conflitto di norme nazionali con i principi contenuti nel diritto dell’Unione: il giudice deve disapplicare le prime e applicare le seconde, precisando che spetta tanto agli organi amministrativi nazionali quanto a ogni giudice garantire il rispetto dei principi e delle norme del diritto dell’Unione nell’ambito delle rispettive competenze, se del caso, rifiutando d’ufficio l’applicazione di qualsiasi disposizione nazionale che sia in contrasto con tali principi o con tali norme.
Analogo discorso vale in caso di incoerenza delle norme interne rispetto ai principi di diritto dell’Unione, ove il giudice (ma anche l’amministrazione finanziaria) deve procedere a un’interpretazione adeguatrice delle norme nazionali rispetto ai principi dell’Unione.
Pertanto, ove il ricorrente decidesse di non accettare la decisione, sussistono i presupposto per proporre ricorso in appello, considerato che dalle scarne motivazioni della sentenza traspare l’incompatibilità della decisione con:
•    la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con particolare riguardo ai principi di non discriminazione e di libera prestazione di servizi, affermati con la sentenza pronunciata nella causa C-42/02 (caso sig. Lindman), ove i Giudici del Lussemburgo hanno chiaramente sostenuto che non è compatibile con il diritto dell’Unione europea (artt. 18 e 56 del TFUE), la normativa di uno Stato membro dell’Unione secondo cui le vincite provenienti dai giochi d’azzardo organizzati in altri Stati membri sono considerati come un reddito del vincitore assoggettabile all’imposizione diretta, mentre le vincite provenienti da giochi d’azzardo organizzati nello Stato membro di cui trattasi [lo Stato italiano nel nostro caso] non sono ritenuti imponibili ai fini dell’imposta sui redditi;

•    le conclusioni della Commissione Europea, depositate il 4 ottobre 2013 nelle cause pregiudiziali riunite C-344/13 e C-367/13, pendenti davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea; nella circostanza, la Commissione,  dopo aver analiticamente esaminato i motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (art. 52 TFUE), allegati dal giudice del rinvio per consentire allo Stato italiano di derogare al diritto dell’Unione, ha  concluso affermando che: «Alla luce di quanto precede, la Commissione suggerisce alla Corte di rispondere nel modo seguente al quesito sollevato dal giudice di rinvio: l’articolo 56 TFUE osta ad una legislazione, come quella italiana descritta dal giudice di rinvio, che assoggetti a imposta sul reddito le vincite da gioco conseguite in case da gioco stabilite in altri Stati membri, e che al contrario non assoggetti alla stessa imposta le vincite di gioco conseguite in case da gioco stabilite in Italia».
Ricordiamo che le cause C-344/13 e C-367/13 d’interpretazione dei Trattati, derivano da due Ordinanze di rinvio pregiudiziali, pronunciate l’anno scorso dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma,  a fronte di diversi ricorsi proposti da altri contribuenti contro avvisi di accertamento aventi per oggetto fatti del tutto analoghi a quelli che interessano il sig. Braccini;

•    i principi fondamentali su cui si basano i Patti bilaterali o Convenzioni internazionali stipulate dall’Italia con la Spagna e la Slovenia, che hanno proprio lo scopo di evitare la doppia imposizioni, che si verifica quando il gioco d’azzardo viene assoggettato ad imposizione prima nel Paese della fonte e poi nel Paese di residenza del vincitore;

•    la giurisprudenza di merito esistenti sul caso specifico (sentenza n. 101/2/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Gorizia, confermata in appello con la sentenza n. 77/09/13 del 04/11/2013, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia), con la quale i Giudici isontini e triestini, chiamati a pronunciarsi su un caso del tutto analogo a quello deciso dai Giudici perugini, adeguando l’interpretazione della norma nazionale ai principi del Trattato, hanno annullato la pretesa impositiva e sanzionatoria del fisco italiano”. cz/AGIMEG