Consiglio di Stato: Confermata esclusione di una società romana dalla gara per le concessioni del bingo

La quarta sezione del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di una società romana che ha impugnato una sentenza del Tar Lazio del 2012, che confermava l’esclusione della società dall’affidamento delle concessioni del gioco del bingo.  “L’appello è infondato e va respinto” scrivono i giudici di Palazzo Spada nella sentenza. La società appellante aveva partecipato alla selezione per ottenere una concessione per il bingo (con il bando del 2000) e – con decreto del direttore generale dell’A.A.M.S. dell’11 luglio 2001 – ne è stata esclusa “per ritenuta carenza dei requisiti essenziali. Il ricorso quindi proposto dalla società contro il provvedimento sfavorevole è stato accolto dal T.A.R. del Lazio, (…) nel 2002, che ha annullato il provvedimento impugnato nei limiti dell’interesse della ricorrente (…) perché viziato da eccesso di potere per difetto di motivazione”, si legge. Il successivo riesame della posizione della società in questione – a opera di una nuova commissione nominata all’epoca dai Monopoli – “ha condotto a una conferma dell’esclusione, disposta con provvedimento del 16 dicembre 2002, che la società ha comunque impugnato. Con sentenza del 22 maggio 2012, però  T.A.R. del Lazio, ha respinto il ricorso, ritenendo che l’Amministrazione avesse correttamente proceduto a una nuova e più attenta verifica del materiale già acquisito alla procedura selettiva perché allegato alla domanda a suo tempo prodotta, rimanendo irrilevanti ulteriori elementi istruttori, l’acquisizione dei quali avrebbe violato il principio della parità di trattamento fra i concorrenti alla gara”. Contro la sentenza la società, esclusa in via definitiva, ha di nuovo interposto appello “deducendo: irrazionalità, illogicità e perplessità della motivazione”, “travisamento dei motivi del ricorso di primo grado e carenza della motivazione”, e richiedendo “risarcimento del danno ingiusto patito per il duplice illegittimo diniego di aggiudicazione”. Secondo i giudici però “L’Amministrazione (…) ha ammesso la carenza dell’istruttoria e della motivazione. Bene ha fatto, allora, – scrivono – a riconvocare la Commissione aggiudicatrice per l’espressione di una nuova valutazione senza attendere il deposito della decisione del T.A.R., il tenore della quale appariva scontato. Alla luce di questa sequenza temporale, il Collegio non ritiene fondata la censura mossa al riguardo dalla parte privata nel primo motivo dell’appello, anche perché (…) è evidente che l’esito di tale nuova valutazione non potesse essere a priori favorevole all’appellante. Infatti, riesaminate le offerte, ne è seguita la conferma del giudizio di esclusione”. La società appellante, “lo contesta con il secondo motivo, svolgendo però argomenti del tutto generici, che richiamano “progettati lavori di allestimento” e, in definitiva non sono in grado di replicare puntualmente alla dettagliata motivazione del giudizio stesso, frutto di discrezionalità tecnica, ma – come correttamente ha rilevato il T.A.R. – sembrano piuttosto tendere a un ulteriore esame degli elementi presentati”. Cade anche la domanda di risarcimento del danno, “che aveva il suo presupposto nell’illegittimità del provvedimento impugnato”. im/AGIMEG