CGE: “Contraria a diritto UE la normativa italiana che obbliga gli enti certificatori a avere la sede in Italia”

Potrebbe avere riflessi anche sul settore dei giochi la sentenza pronunciata oggi dalla Corte di Giustizia Europea sul caso Rina Services – che offre servizi di certificazione di qualità UNI CEI EN 4500- e riguardante gli enti di attestazione. Dei cinque organismi accreditati all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per le certificazioni sigli apparecchi da intrattenimento, quattro infatti hanno dovuto aprire una sede in Italia come requisito per aderire alla convenzione di concessione. Secondo la CGE, infatti, la “direttiva servizi” vieta agli Stati membri, da un lato, di subordinare l’esercizio di un’attività di servizi sul proprio territorio al rispetto di requisiti discriminatori fondati sulla nazionalità oppure sull’ubicazione della sede legale e, dall’altro, di limitare la libertà del prestatore di scegliere tra essere stabilito a titolo principale o secondario sul territorio di uno Stato membro. La Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva provato a sostenere che l’attività svolta dalle società organismo di attestazione (SOA) partecipa all’esercizio di poteri pubblici e che, di conseguenza, è sottratta all’ambito di applicazione sia della direttiva che del TFUE. Tuttavia, per i giudici di Lussemburgo i servizi di attestazione rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva «servizi» e le SOA sono imprese a scopo di lucro che esercitano le loro attività in condizioni di concorrenza e che non dispongono di alcun potere decisionale connesso all’esercizio di poteri pubblici. Di conseguenza, le attività di attestazione delle SOA non configurano una partecipazione diretta e specifica all’esercizio di poteri pubblici. Quindi,  il fatto di imporre che la sede legale del prestatore sia ubicata nel territorio nazionale limita la libertà di quest’ultimo. lp/AGIMEG