Alessandro Plateroti (Vice Dir. Sole24 Ore) ad Agimeg: “Molto rischiosa la politica del proibizionismo sul gioco. L’industria di settore va tutelata anche con una normativa più armonica”

Il gioco come realtà industriale da tutelare, i rischi di una politica del proibizionismo, le grandi fusioni societarie, il ruolo di Confindustria, l’errore di una tassazione dettata da semplici valutazioni erariali, la necessità di una normativa armonica e la tutela del lavoro: questi alcuni dei temi dell’analisi di Alessandro Plateroti,  vicedirettore de ” Il Sole 24 Ore”, in un esclusivo intervento per Agimeg. “Vorrei partire con una premessa: bisogna andare oltre il ragionamento banale “il gioco è buono o è cattivo”. Questo settore rappresenta una realtà industriale molto importante, non nuova. Basta citare un esempio storico: in pochi sanno che per  finanziare il viaggio verso gli Stati Uniti della Statua della Libertà fu organizzata una lotteria. Il gioco esiste da sempre e, se ben  regolamentato, può essere un’importante fonte di reddito per lo Stato. È giusto quindi capire la corretta via di mezzo per garantire agli operatori condizioni finanziarie sostenibili, tutelando allo stesso tempo i minori e le persone a rischio dipendenza. Sono d’accordo quindi con una politica che preveda misure di tutela in alcune zone “a rischio” (come la scuole), ma è importante dialogare con le imprese per stimolare un contesto produttivo e per dar vita a campagne educative. Cerchiamo quindi di essere lucidi: il gioco è considerato da tutti i governi una fonte di reddito. Il proibizionismo e le politiche restrittive non fanno altro che mettere in difficoltà la tenuta delle società italiane, costrette a confrontarsi con realtà internazionali, attive su mercati globali e in grado di avere a disposizione liquidità molto corpose. Ricordo poi che le grandi società sono quasi tutte quotate in borsa: tutelare gli operatori quindi vuol dire difendere un interesse pubblico. Gli investimenti sul gioco, per concludere, devono essere visti come qualcosa di positivo: l’alternativa è il proibizionismo che in altri contesti storici (pensiamo anche agli Stati Uniti) ha giovato solo alla criminalità organizzata”. Plateroti interviene anche sul tema della fusioni tra i grandi, con un accenno alla politica di Igt: “Le società si fondono nel settore dei giochi come in tutti gli altri settori. Sono il mercato e la competizione a dettare certe regole. I motivi sono tanti. Le società italiane, ad esempio, devono confrontarsi con colossi quotati in borsa, attivi sia sul territorio, sia online, capaci di avere liquidità impressionanti. Il settore ha poi un’oscillazione della redditività molto forte: in America, ad esempio, una volta ogni 4 anni molti gruppi affrontano crisi difficili da superare se non si hanno alle spalle condizioni economiche solide. Ecco che si spiega l’intelligente politica di Igt, fatta di investimenti all’estero, nuove strategie, il passaggio da semplice organizzatore di giochi e lotterie a fornitore di servizi per altri gruppi. Per superare i cicli di crisi è quindi necessario avere risorse per le nuove licenze, dar vita a nuove competenze e innovarsi”. L’aspetto industriale va quindi tenuto nella giusta considerazione ed in tal senso Confindustria potrebbe recitare un ruolo importante.“Purtroppo è difficile contrastare il bisogno di denaro dei governi e il gioco è una delle fonti preferite. È una questione anche sociologica. È molto diffusa l’idea che il gioco sia una “cosa cattiva” e l’opinione pubblica non si scandalizza se vengono aumentate le tasse alle società attive in questo settore: in pratica, l’imposizione fiscale sui giochi sembra diventare quasi una questione di interesse collettivo. Questo ragionamento però non può funzionare – spiega il vice direttore del Sole24Ore – Sarebbe auspicabile invece un governo pronto al dialogo con un’associazione del settore. Non parlare con una singola impresa, quindi, ma con una rappresentanza unita. Ogni decisione che viene presa e che può influenzare le economie di questo settore può creare grandi difficoltà. Non parlo solo del Gratta e Vinci o delle Vlt, ma di tutto l’indotto: pensiamo alle industrie che costruiscono apparecchi da intrattenimento o all’agricoltura che serve alla filiera dell’ippica. Sono solo due esempi di come un prelievo fiscale non ragionato possa mettere in difficoltà intere categorie di lavoratori. Ogni decisione che viene presa su questo settore può causare danni a una miriade di persone e questi lavoratori e queste aziende devono essere ben rappresentati. In tal senso è molto positiva la presenza di Sistema Gioco Italia in Confindustria, non solo per creare attenzione su questioni fiscali, ma per monitorare e informare sulla reale presenza del gioco in Italia. Servono un serio controllo, trasparenza, garanzia che non ci siano infiltrazioni mafiose. Serve poi maturità: l’errore da evitare più di tutti è la generalizzazione. Se 3-4 sale sono in mano alla mafia non si può parlare di settore malato. Attraverso un interlocutore importante è possibile quindi controllare più facilmente dove finiscono i flussi di denaro ed evitare le truffe ai danni dello Stato”. Ma allora quale potrebbe essere un’evoluzione normativa interessante? “Se tutto funzionasse al meglio non ci sarebbe bisogno di nuove tasse, come non sarebbe necessario ricercare o inventare nuovi giochi. Quindi è importante contrastare siti di gioco online che hanno vissuto il loro periodo migliore in una specie di Far West, fino a quando il gioco non è stato regolamentato. Sono realtà aperte in paradisi fiscali che non solo non garantiscono reddito all’Erario, ma soprattutto non prevedono nessuna tutela del giocatore, dalle protezioni dei minori alla certezza del pagamento della vincita. Forse però, per arrivare al contesto di gioco perfettamente regolamentato, sarebbe necessaria una normativa più armonica, capace di venire incontro alle esigenze di tutti gli attori coinvolti. È difficile, ma non impossibile”. Il gioco potrebbe quindi evolversi anche a sostegno di territori più disagiati. “Certo. Guardiamo cosa è successo negli Stati Uniti. Il gioco è stato organizzato centralmente, ma per alcune comunità, come quelle dei nativi americani, sono stati concessi status particolari, defiscalizzati, che hanno permesso di creare una grande forza economica, proprio attraverso strutture legate al gioco e di mettere a disposizione denaro a comunità in condizioni di disagio. È stata l’occasione – conclude Plateroti – per creare scuole e infrastrutture dove sembrava impossibile. Anche in Italia queste soluzioni potrebbero essere utili”. cz/AGIMEG