Scommesse, per la quarta volta in 2 mesi il Tar Emilia sospende provvedimento della Questura di Bologna contro ced sanati da Goldbet

Per la quarta volta nel giro di due mesi il Tar Emilia ha sospeso un provvedimento della Questura di Bologna, che aveva negato la licenza di pubblica sicurezza, ex art. 88 del TULPS,  a quattro ced sanati collegati a Goldbet, bloccandone l’attività. Tutto trae origine dalla Legge Regionale dell’Emilia Romagna del 1 maggio 2015, che impone alle sale giochi e scommesse – che iniziano la loro attività successivamente a tale data – di richiedere uno speciale permesso a costruire per effettuare interventi murari o semplici mutazioni nella destinazione d’uso dei locali. I 4 Ced collegati a Goldbet, a gennaio scorso, avevano presentato ai Monopoli di Stato tutta la documentazione prevista per partecipare alla sanatoria, che doveva valere anche come istanza per il rilascio dell’88 Tulps, secondo quanto disposto della Legge di Stabilità.

I Ced in questione avevano dunque già richiesto la licenza ex art 88 Tulps, per il tramite dell’Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli, prima dell’entrata in vigore della Legge Regionale dell’Emilia Romagna del 1 maggio e non avevano richiesto alcun permesso a costruire, dal momento che di fatto avevano iniziato l’attività già da diverso tempo. La Questura di Bologna tuttavia ha negato la licenza di PS, asserendo che faceva fede la data dell’istanza di richiesta da parte del CED (che invece era una semplice integrazione documentale all’istanza effettuata dall’Agenzia delle  dogane  e  dei  monopoli) pertanto i centri dovevano essere considerati, secondo la Questura, nuove aperture. Presentato il ricorso al Tar, i giudici hanno accolto le richieste dei titolari dei ced sanati. Nelle motivazioni infatti si legge che “in assenza di mutamento di destinazione d’uso del locale e di nuovi interventi edilizi preordinati allo svolgimento dell’attività di raccolta delle scommesse – neppure ipotizzati nell’atto oggetto di impugnativa –, appare assistita da fumus boni iuris la censura fondata sull’indebita richiesta di un permesso di costruire”.