Scommesse: Obiettivo 2016 la prossima settimana presenterà ricorso al Consiglio di Stato per ottenere l’autorizzazione alla raccolta anche in assenza di concessione, sul modello dei ctd 

Si arricchisce di una nuova puntata la vicenda che vede contrapposti da una parte Obiettivo 2016 e dell’altra l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli. A quanto appreso da Agimeg, all’inizio della prossima settimana Obiettivo 2016 intenterà di fronte al Consiglio di Stato il ricorso in appello per ottenere l’autorizzazione alla raccolta di scommesse pur in assenza di concessione. Obiettivo 2016 porterà di fronte ai giudici di Palazzo Spada una consistente e nuova serie di documenti dove, a detta della società, ci sono le prove di come l’Amministrazione fosse bene a conoscenza del doppio binario (uno formato dai concessioni autorizzati, l’altro dai cosiddetti “transfrontalieri” cioè aziende che operavano senza concessione italiana) che penalizzava gli operatori regolari, senza però per questo procedere con iniziative dedicate a risolvere in maniera definitiva il problema.

In primo grado, di fronte al Tar Lazio, Obiettivo 2016 impugnò dapprima il silenzio rifiuto da parte dei Monopoli sulla richiesta a operare con lo schema dei Ctd, e quindi la nota – arrivata quando il procedimento di avviava verso le fasi conclusive – con cui Piazza Mastai negava una simile autorizzazione (sostanzialmente limitandosi a illustrare la normativa vigente). Il Tar respinse il ricorso, puntualizzando però che – dopo il bando Monti del 2012, e la sentenza della Corte di Giustizia del gennaio scorso che ne aveva riconosciuto la legittimità – si era “effettivamente” raggiunte “l’effetto di porre termine allo ius singulare degli operatori di altri Stati membri, che – come già evidenziato – costituisce il presupposto della reverse discrimination denunciata dalla società ricorrente”.  Obiettivo 2016 in sostanza con il ricorso denunciava che l’A.D.M. esercitasse i suoi poteri di vigilanza solo sui concessionari e non nei confronti degli operatori transfrontalieri. Ma, obiettava ancora il Tar , dopo la sentenza della CGE, dal momento che è “venuto meno lo «sdoppiamento» della disciplina del mercato dei giochi, risulta senz’altro condivisibile la tesi sostenuta” dall’Amministrazione, “secondo la quale, allo stato, «lo svolgimento dell’attività mediante il “modello CTD” è anch’esso soggetto all’obbligo della concessione e dell’autorizzazione» e, quindi, l’A.D.M. deve esercitare i suoi poteri di vigilanza nei confronti di tutti i soggetti che esercitino, con qualsiasi modalità, l’attività di raccolta di giochi e scommesse sul territorio dello Stato italiano, ivi compresi i gestori dei CTD”

Nonostante il Tar non avesse accolto le sue tesi, Maurizio Ughi, promotore del ricorso, fece notare come la pronuncia: “Carica l’Amministrazione di una serie di responsabilità maggiori di quelle che mi aspettassi” riferendosi al passaggio appunto in cui si imponeva ai Monopoli di vigilare anche sull’attività svolta dai transfrontalieri. “In pratica, dopo la sentenza della Corte di Giustizia, sono venute meno le presunte discriminazioni e i Ctd non dovrebbero più esistere. Di conseguenza, l’Amministrazione ha il compito di arrivare a un unico regime, garantendo l’accesso al mercato a tutti gli operatori con le stesse regole”. Insomma la faccenda sembrava concludersi lì ed invece gli ultimi sviluppi hanno riacceso la questione che finirà, come detto sotto una nuova veste arricchita di documenti, nelle aule del Consiglio di Stato per poi, a seconda della decisione che assumeranno i giudici nazionali, arrivare fino alle CGE. es/AGIMEG