Slot ‘clonate’ e centrale telematica per il trasferimento dati. Cassazione: è frode informatica

Predisporre una “centrale telematica” che collega alcune schede “cloni” di quelle dichiarate all’amministrazione finanziaria al fine di trasmettere ”in maniera artificiosa” ai Monopoli di Stato importi di giocate effettuate mediante apparecchi da intrattenimento inferiori rispetto alle giocate reali rappresenta a tutti gli effetti una frode informativa ai danni dello Stato e come tale costituisce un reato penale. Così la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con una sentenza riferita ad un ricorso presentato da due persone condannate dalla Corte di Appello di Ancona.
I fatti si riferiscono alla vicenda che vede protagonisti il titolare di una azienda di gestione e il suo tecnico. I due avevano predisposto una “centrale telematica” procurandosi così “l’ingiusto profitto” pari all’imposta non versata per un totale di circa 219.000 euro. La Corte di Appello aveva condannato i due alla pena di 8 mesi di reclusione e 500 euro di multa non ritenendo di poter essere accolta la giustificazione del primo circa il fatto che l’azienda versava in gravi difficoltà economiche e del secondo di non averne tratto alcun profitto. Il titolare dell’azienda di gestione è ricorso in Cassazione sostenendo che “l’apparato sarebbe destinato ad una minore contabilizzazione degli incassi provento delle
giocate ottenute con gli apparecchi elettronici da intrattenimento e che tale condotta si realizza attraverso un mancato collegamento alle rete telematica dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato. Tale situazione sarebbe, infatti, quella ricadente sotto il disposto dell’art. 110 t.u.l.p.s. che commina esclusivamente sanzioni amministrative in ordine alla condotte così accertate. Il tecnico invece lamentava l’assenza di idonei accertamenti sia in fase investigativa che giudiziale in ordine ai soggetti che concretamente hanno ideato e beneficiato del meccanismo truffaldino. Dette carenze contribuivano a non provare la sussistenza in capo all’imputato dei requisiti soggettivo ed oggettivo per la configurabilità dell’elemento
concorsuale nel reato in contestazione.
Dalle verifiche e sequestri nei luoghi di collocazione degli apparecchi elettronici da intrattenimento è emerso da un lato che gli apparecchi erano di fatto scollegati e, dall’altro, che le schede degli stessi erano state duplicate ed i “cloni” segnalavano in maniera artificiosa all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato importi di giocate inferiori rispetto a quelli reali. Il tutto avveniva attraverso la
predisposizione in un altro luogo fisico situato in un magazzino nella disponibilità dell’imprenditore di un apparato composto da numerosissimi congegni elettronici collegati illecitamente mediante punti di accesso alla rete telematica dell’AAMS. I punti di accesso alla rete telematica collegati alle schede duplicate e collocati presso la centrale telematica illegale erano quelli che risultavano alla banca dati dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato come riconducibili alle slot-machines sequestrate gestite dalla società mentre le schede originali si trovavano presso i luoghi di collocazione degli apparecchi con punti di accesso che non contenevano schede funzionanti collegati alla rete. Per i giudici della Cassazione l’azione contestata è assolutamente diversa dalla situazione prevista e punita con sanzione amministrativa dall’art. 110, comma 9, t.u.l.p.s.
“Non si contesta infatti agli imputati di avere omesso il collegamento degli apparecchi con la rete telematica dell’AAMS – scrivono i giudici- ma di avere effettuato un’azione ben diversa ed ulteriore che è quella descritta nell’imputazione ed è consistita nella alterazione del funzionamento del sistema informatico-telematico, azione avente caratteristiche di intervento fraudolento sul funzionamento del sistema che – come correttamente evidenziato dal Giudici del merito e che giova in questa sede
ribadire – è ben altra cosa rispetto al mero omesso collegamento degli apparecchi alla rete telematica di cui all’illecito amministrativo previsto dall’art. 110 t.u.l.p.s. “. lp/AGIMEG